(segue) L'ordinamento dell'Esercito, al Senato
(9 marzo 1926)
[Inizio scritto]
Non solleviamo dunque delle
obiezioni a base trinceristica o combattentistica. In questo caso
sarebbero perfettamente fuori di posto. Del resto, il fatto che
nessuno di coloro che hanno mandato dei lumi alla Commissione
speciale si sia occupato di questo problema, dimostra che tutti gli
ufficiali sono già convinti, o per lo meno rassegnati, per
quel che concerne la necessità degli esami.
Debbo poi dichiarare nella maniera
più formale al senatore Caviglia che nella carriera degli
ufficiali non entrano affatto considerazioni di ordine politico, non
sono mai entrate, non entrano e non entreranno mai. Si avanzerà
a seconda dei propri meriti intrinsechi ed obbiettivi: attitudine al
comando, studi fatti, passato di guerra, esperienza, dignità
di vita.
È evidente ancora che, a
mano a mano che si avanza nella carriera, la scelta dev'essere più
accurata e più diligente. Io non ho bisogno di ricordare a
voi, onorevoli Senatori, la responsabilità grandissima,
sublime, che hanno gli ufficiali in tempo di guerra. Essi sono
responsabili del sangue dei soldati che comandano, ma anche della
sicurezza ed esistenza della Nazione.
Sulle altre leggi non si è
fatto discorso. Così non si è parlato, in questa
discussione, delle leggi che concernono lo stato degli ufficiali, la
ripristinata dote per il matrimonio degli ufficiali, l'introduzione
dei cappellani militari, le riforme interne del Ministero della
Guerra. Tutto ciò, evidentemente, è pacifico. Anche per
queste leggi minori posso affermare che esse sono il risultato dello
studio e della esperienza.
Onorevoli Senatori, i tempi sono
incerti, bisogna essere muniti e pronti. Vi prego, quindi, con sicura
coscienza, di dare il vostro voto favorevole a questi disegni di
legge.
(segue...)
|