(segue) Settimo anniversario dei Fasci, a Villa Glori
(28 marzo 1926)
[Inizio scritto]

      Ho l'orgoglio di dirvi, o camerati, che noi, io in primo luogo e voi tutti, ci infischiamo solennemente di tutto quello che si dice e si stampa all'estero. È tempo, è gran tempo, di bucare quest'altra vescica; è perfettamente logico che il mondo internazionale della democrazia, del liberalismo, della massoneria, della plutocrazia, dei senza Patria, è perfettamente logico che tutte queste forze siano contro di noi. La prova migliore che noi abbiamo fatto realmente una rivoluzione è in questa controrivoluzione che noi abbiamo sgominato all'interno e che tenta invano di affilare le sue armi perfide all'esterno.
      Ma noi diciamo ai fattori responsabili degli Stati: Voi passerete per dove siamo passati noi, anche voi, se vorrete vivere, dovrete finirla con il parlamentarismo chiacchierone. Anche voi, se vorrete vivere dovrete dare dei poteri al potere esecutivo. Anche voi, se vorrete vivere, dovrete affrontare il problema più ponderoso di questo secolo, il problema dei rapporti tra capitale e lavoro, problema che il Fascismo ha pienamente risolto mettendo e il capitale e il lavoro allo stesso livello ed in vista di un obiettivo comune: la prosperità e la grandezza della Nazione.
      Camerati!
      Io sono sicuro che voi siete impazienti, mi pare di vedere nei vostri occhi, mi pare di leggere nelle vostre anime l'impazienza dell'attesa. Voi attendete qualche cosa.
      (La folla grida: «Sì! Sì!»).
      Quando l'anno scorso io vi promisi il bello, ho mantenuto la parola?
      (La folla risponde con un urlo: «Sì!»).
      E se io dico che anche l'impazienza che balena nel vostro spirito sarà un giorno appagata, mi credete?
      (Dalla folla erompe un nuovo formidabile: «Sì!»).

(segue...)