(segue) Settimo anniversario dei Fasci, a Villa Glori
(28 marzo 1926)
[Inizio scritto]

      Prima che io dia una parola a questo vostro sentimento, che è anche il mio, vi debbo dire: È necessario, anzitutto, che voi vi maceriate nella disciplina delle opere quotidiane. La grande ora non batte a tutte le ore e a tutti gli orologi. La ruota del destino passa. È sapiente colui che, essendo vigilante, la afferra nel minuto in cui trascorre dinanzi a lui.
      Bisogna che l'Italia, la nostra divina e adorabile Italia fascista, sia vigilante e ferma nelle opere di pace, si adegui alle necessità del lavoro, diventi sistematica, tenace, perseverante. Voglio correggere gli italiani da qualcuno dei loro difetti tradizionali. E li correggerò. Voglio correggerli dal troppo facile ottimismo, dalla negligenza che segue talvolta una troppo rapida ed eccessiva diligenza, da questo lasciarsi ingannare dopo la prima prova, da questo credere che tutto sia compiuto mentre non è ancora incominciato. Se mi riuscirà, e se riuscirà al Fascismo di sagomare così come io voglio il carattere degli italiani, state tranquilli e certi e sicuri che quando la ruota del destino passerà a portata delle nostre mani noi saremo pronti ad afferrarla ed a piegarla alla nostra volontà.
      Camicie Nere!
      Poco fa con una cerimonia breve, ma profondamente suggestiva, il sacerdote di quella religione che è dei nostri padri e nella quale crediamo, ha consacrato settantasette gagliardetti dei vostri gruppi. Ognuno di questi gagliardetti reca il nome di uno dei nostri Caduti. Non c'è dunque soltanto un brano di stoffa, ma c'è la memoria di un sacrificio, c'è un'anima viva. Camerati, all'ombra dei nostri gagliardetti è bello vivere, ma se sarà necessario sarà ancora più bello morire.