All'Assemblea dell'Istituto Internazionale di Agricoltura
(19 aprile 1926)
Il Duce giunse da
Tripoli il 17 aprile 1926, sbarcando a Gaeta. Ripartì da Gaeta
verso le 17 e arrivò a Roma, acclamalo dalla popolazione che
era ancora sotto l'impressione dell'attentalo del 7 aprile. Riprese
immediatamente la sua intensa attività; e il 19 aprile 1926,
alla presenza di S. M. il Re, inaugurò con questo discorso
l'ottava assemblea dell'Istituto Internazionale di Agricoltura, alla
quale partecipavano i rappresentanti di settantadue Stati. Era la
seconda volta che il Duce parlava all'inaugurazione di tale
assemblea: il precedente discorso era stato pronunziato il 2 maggio
1924.
Sire! Signori!
E' la seconda volta che mi tocca
l'onore di portare ai rappresentanti delle Nazioni qui adunati il
saluto del Governo italiano. Non so se come taluni affermano,
quest'anno io abbia più titoli al merito agrario che due anni
fa. Quel che io di certo so è che sono ancora tra voi, con lo
stesso affetto sincero per l'opera vostra e per le cose
dell'agricoltura a cui voi attendete con diligenza e saviezza.
Quel che io di certo so è
che partecipo a questa vostra cerimonia inaugurale col medesimo senso
di schietta simpatia con cui mi vi accostai la prima volta, or sono
due anni; forse anche con senso di vera commozione, e non senza
perché. Oggi, signori, è giorno di altissimo augurio e
di grande significazione nella storia dell'agricoltura. Nell'antica
Roma il 19 aprile era l'ultimo giorno consacrato alle feste di
Cerere. Noi purifichiamo le messi ed i campi, cantava il poeta in
questa solennità da lui stesso religiosamente celebrata,
attribuendo all'agricoltura non solo i vantaggi materiali della
civiltà, ma le origini delle più eccelse arti nate a
molcere le cure affannose degli uomini.
(segue...)
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