Cinque giorni in Tripolitania
(11-15 aprile 1926)
Il Duce arrivò
a Tripoli l'undici aprile su la R. Nave «Cavour», e vi
rimase fino al 15 aprile. In questi giorni Egli ebbe frequenti
occasioni di parlare alle popolazioni italiane e agli indigeni, alle
Camicie Nere e agli agricoltori.
Lo stesso giorno,
11 aprile, appena arrivato, parlò - rimanendo a cavallo
davanti al Castello di Tripoli davanti alle autorità, alle
truppe, alle scuole d'ogni grado e a una folla assiepata d'italiani e
d'indigeni.
Il nostro augusto, grandissimo,
potente Sovrano, S. M. il Re Vittorio Emanuele III, che il Sommo
Iddio benignamente protegge ed il popolo tutto profondamente ama, si
è degnato di mandarmi su questa terra definitivamente
italiana. So che voi siete ossequienti alle leggi del mio augusto
Signore e Re.
Così sia oggi, domani e
sempre. Obbedendo all'augusto Sovrano d'Italia, voi sarete protetti
dalle sue giuste leggi. S. M. il Re ed il Governo italiano che ho
l'onore di presiedere vogliono che questa terra sulla quale sono così
frequenti le immortali vestigia di Roma, torni ad essere ricca,
prospera, felice. Che il Sommo Iddio della pace e della guerra vi
protegga. Viva il Re! Viva il Re! Viva il Re!
Più tardi,
dopo avere assistito a una fantasia araba, dalla loggia della
palazzina del Governatore, S. E. il Capo del Governo, alla folla
acclamante che chiedeva di udirlo, rivolse le seguenti parole:
Italiani fascisti di Tripoli!
Il vostro saluto pieno di
entusiasmo mi ricorda le belle, le appassionate adunate della Madre
Patria. Vi ringrazio dal profondo del cuore. Voi siete qui a
rappresentare l'Italia, quell'Italia che il Fascismo fa ogni giorno
più prospera e potente. Il mio viaggio non deve essere
interpretato come un atto di ordinaria amministrazione. Intendo che
esso sia come è nei fatti un'affermazione della forza del
popolo italiano (acclamazioni), una manifestazione di potenza del
popolo che da Roma ripete le proprie origini e porta il Littorio
trionfante ed immortale di Roma Sulle rive del Mare africano.
(segue...)
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