(segue) La difesa della lira e i problemi dell'esportazione
(8 luglio 1926)
[Inizio scritto]
Voglio aggiungere però che
da questo complesso di cifre risulta un'impressione diversa: queste
cifre non danno un'idea di debolezza, non danno l'idea di una Nazione
stremata, ma piuttosto di una Nazione che cammina; queste cifre, nel
loro complesso, tanto per la parte importazioni quanto per quella
esportazioni, danno l'idea di una Nazione forte quando teniamo conto
soprattutto del fatto che il nostro sviluppo industriale e, in
generale, il nostro aumentato movimento economico data dal
dopoguerra, anzi quattro anni dopo l'armistizio, dal 1922 ad oggi.
Oggi c'è una maggiore disciplina, un maggior rendimento delle
maestranze, un prestigio nazionale aumentato nel mondo; tutti
elementi che hanno migliorato la nostra produzione.
La quale però, pur essendo
di forza e di sviluppo, presenta questi elementi negativi che
dobbiamo prima di tutto sceverare, controllare, modificare e
possibilmente annullare. Uno degli istrumenti di questa lotta per
migliorare la nostra bilancia commerciale è questo Istituto
nazionale delle esportazioni che il Governo ha voluto e che oggi si
inaugura.
Prima di finire voglio dire anche
un'altra cosa, non sui compiti dell'Istituto che sono stati
prospettati in modo assolutamente organico dal Presidente
dell'Istituto stesso, ma piuttosto sui metodi di lavoro. A mio
avviso, dopo questa cerimonia inaugurale, il metodo di lavoro di
questo istituto deve ispirarsi a questi criteri: applicazione
sistematica e discrezione per evitare delle aspettazioni eccessive
all'interno. In secondo e ultimo luogo bisogna dire che nessuno deve
essere così ottimista da credere che fatto l'Istituto sia
risolto il problema. Fatto l'Istituto non c'è che un elemento
di più per risolvere il problema; ma questo dovrà
essere risolto da tutti gli elementi che compongono la parte vitale
della Nazione: Governo, industriali, lavoratori, agricoltori,
commercianti, banchieri: tutto, insomma, il popolo italiano che sente
la grandezza, l'importanza, la necessità di questa vasta opera
che solleverà — ne sono certissimo — le sorti
della nostra economia e mostrerà al mondo la potenza, la
volontà, la capacità di lavoro della nuova Italia.
(segue...)
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