(segue) Per la sede romana della Società degli Autori
(1 agosto 1926)
[Inizio scritto]

      Il Governo che ho l'onore di dirigere ha dimostrato in modo concreto la sua simpatia verso gli scrittori e con la legge sui diritti d'autore, fatta in un mese dopo trent'anni di attesa, e con altre provvidenze, sulle quali è inutile fare lunghi discorsi.
      Quale deve essere la missione degli scrittori italiani nel periodo storico che attraversiamo?
      È evidente che io taglio fuori dalla famiglia degli scrittori italiani, esilio dalla Repubblica delle lettere tutti coloro che fanno del mercantilismo puro e semplice e che non sono ispirati da ragioni d'ordine superiore spirituale. Anche qui vi sono delle gerarchie da stabilire, vi sono dei valori da difendere. Non si può mettere tutti allo stesso livello. L'eguaglianza è antinaturale e antistorica.
      Il vostro compito, il compito di coloro che creano? Bisogna che tutti gli scrittori italiani, all'interno e soprattutto all'estero, siano i portatori del nuovo tipo di civiltà italiana.
      Spetta agli scrittori di fare quello che si può chiamare imperialismo spirituale nei teatri, nei libri, nei trattati, nelle conferenze, far conoscere l'Italia, non soltanto in quello che essa Ha di grande, non soltanto nel passato, perché non dobbiamo fermarci al passato. Bisogna produrre qualche cosa di nuovo che abbia il sigillo inconfondibile del nostro tempo. Portare all'estero la conoscenza della nuova Italia, così come l'ha fatta la guerra e come la sta facendo la rivoluzione fascista.
      Se io getto il colpo d'occhio nel panorama universale trovo che siamo ai primi passi e forse, in qualche cosa, stiamo perdendo terreno. Lo Stato può far molto, ma anche gli autori debbono essere animati da un grande spirito di iniziativa. Si facciano conoscere, se è necessario si impongano. Vi sono in Europa e nel mondo molti popoli che sono ancora in uno stadio non molto elevato di civiltà, che non possono vantare i millenni della nostra storia. Dobbiamo noi essere i loro educatori, dobbiamo noi conquistarli col fascino della nostra creazione spirituale. Questo aiuterà molto anche la politica. Il libro ha qualche volta il valore di una ambasciata; qualche volta il successo di un'opera teatrale all'estero ha un grande valore, forse superiore a quello di un discorso politico. Perché? Perché sono queste le forme che vanno alle grandi masse, a milioni e milioni di individui, che toccano il profondo cuore di una vasta massa di popolo e fanno conoscere l'Italia.

(segue...)