(segue) Umberto Nobile
(3 agosto 1926)
[Inizio scritto]
Generale camerata Nobile!
In uno dei vostri discorsi
d'America voi avete voluto ricordare la mia certezza che sareste
tornato. Sì, ricordo, io ero sicuro che sareste tornato e ve
lo dissi, avevo riconosciuto nel vostro sguardo quella metodica
tenacia, quella sicura intrepidità che devono diventare gli
attributi fondamentali del popolo italiano.
Sapevo bene le enormi difficoltà
che avreste dovuto affrontare, ma sapevo anche che c'era in voi e nei
vostri compagni una prima condizione per superarle.
Il coraggio.
Quando per due giorni mancarono
vostre notizie, Roma fu triste, un velo di melanconia sembrava
coprire le cose e gli uomini, ma poi, quando la radio, dovuta al
genio italiano, annunciò che la meta era raggiunta, i
trepidanti si calmarono, Dio vi aveva assistito.
Generale, camerati, oggi la
Patria, fiera di voi, vi accoglie in Roma e incide i vostri nomi nei
suoi fasti memorabili, la vostra gesta appare sotto la specie del
prodigio, ma v'è in essa l'insegnamento che non va, che non
deve andare perduto.
Come voi, così il popolo
italiano è pronto a tutte le fatiche, a tutte le prove e a
tutti i sacrifici pur di attingere il suo destino di potenza e di
gloria!
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