Ai Veliti del Grano
(10 ottobre 1926)
Il 10 ottobre
1926, alla premiazione dei vincitori del secondo concorso per la
battaglia del grano, al Teatro Costanzi in Roma, il Duce pronunciò
il seguente discorso:
Agricoltori!
Credo che gli italiani possano
essere «grosso modo» divisi in parecchie categorie: non
le contiamo tutte perché sarebbe troppo lungo. Ci sono quelli
che hanno sempre o quasi sul volto insipido la smorfia della
sufficienza, che credono di essere dei superuomini e fanno della
facile ironia sopra gli avvenimenti e le cose. È una categoria
spregevole.
C'è un'altra categoria:
quella di coloro che si sono incapsulati nella tecnica, gli uomini di
un solo libro sul quale leggono disperatamente, confondendo alla fine
le lettere dell'alfabeto ed ignorando che al di là di tutti i
libri c'è un libro aperto per gli uomini di buona volontà,
quello dell'esperienza e della vita vissuta.
Anche costoro nella loro veste di
eterni pompieri non sono eccessivamente raccomandabili.
Non mancano coloro, per
contrapposto, che eccedono nel senso contrario e che vestono di goffa
poesia e imbevono di eccessiva retorica le cose umane e semplici
della vita. Costoro sono per lo meno noiosi. Finalmente ci sono
quelli che lavorano, ma che sentono troppo il bisogno di raccontarlo.
Ma coloro che io preferisco infine
sono quelli che lavorano, duro, secco, sodo, in obbedienza e,
possibilmente, in silenzio. A quest'ultima categoria appartengono i
veri, gli autentici rurali della Nazione italiana.
Quando l'anno scorso fu impegnata
la battaglia del grano io sapevo perfettamente che questa battaglia
veniva impegnata in condizioni sfavorevoli. Non vi è dubbio
che la famosa legge del Valenti sull'alternanza dei raccolti grassi e
dei raccolti magri è stata documentata dalla realtà per
un certo numero di anni. Era quindi da prevedersi che dopo il
raccolto abbondante del 1925, raccolto che raggiunse i 66 milioni di
quintali di grano, il massimo dei raccolti che si siano mai avuti in
Italia, avremmo avuto un'annata di raccolto mediocre. Ma appunto per
questo io volli impegnare la battaglia nell'ottobre-novembre 1925,
perché pensavo che se non si riusciva a, dare una spinta
grande, diffusa, potente a tutte le masse rurali, noi avremmo avuto
un raccolto scadente e questo avrebbe pesato per miliardi di lire
sull'economia della» Nazione.
(segue...)
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