Al popolo di Roma per il XXVIII ottobre
(28 ottobre 1926)


      Il 28 ottobre 1926, dopo la celebrazione al Colosseo il Duce si recò a Palazzo Chigi, ove giunse alle 11.45'. Poco dopo Egli si affacciava al balcone e invitava l'on. Ricci a dar lettura - all'enorme folla ammassata in Piazza Colonna - del Messaggio agli Italiani. La lettura fu ascoltata con religiosa attenzione, a capo scoperto, interrotta da frequenti applausi. Ma ad un certo punto alcune voci gridarono: «E la tua voce che vogliamo udire!». Allora il Duce fece interrompere la lettura, e pronunciò il seguente discorso:

      Camicie Nere!
      Sono veramente lieto di constatare che avete adottato in gran parte il mio stile: avete cioè a noia di ascoltare i discorsi che si leggono.
      (Una voce: «Vogliamo ascoltare la parola del Duce!».
      Ma ho voluto evitare al camerata Ricci, che è un fascista veramente della primissima ora, che ha creato in una regione difficile come l'Apuania un Fascismo semplicemente meraviglioso; ho voluto, dicevo, evitargli la fatica di leggere il discorso che fra poco sarà stampato su tutti i giornali. Credo che voi preferite di sentire la mia postilla al mio discorso. (Voci: «Sì, Sì!»). Postilla breve, come era del resto abbastanza breve il discorso, quantunque riferisca come in un gran rapporto dinanzi a tutto il popolo italiano, quello che il Governo fascista ha fatto durante un anno.
      (Grida dalla folla: «Lo sappiamo, lo sappiamo!»).
      Lo sapete, ma non lo sapete ancora abbastanza; ma molti in Italia hanno l'abitudine di troppo rapidamente dimenticare. Quando il Fascismo, dopo una lunga e cruenta guerriglia, mobilitò le sue legioni per marciare su Roma e sbarazzare il terreno dalle vecchie classi politiche inette ed imbelli, taluni storici, taluni politici, taluni sedicenti studiosi dei fatti sociali, prevedevano nelle loro più o meno segrete conventicole che il Regime fascista era effimero. Sono quattro anni che stiamo sulla breccia e non ci siamo mai sentiti più forti, più giovani, più decisi di oggi. La mia parola d'ordine è un verbo: Durare! (Applausi). Durare giorno per giorno, mese per mese, anno per anno... (Voci: «Secolo per secolo!») di modo che tutte le riserve, le critiche, le opposizioni si infrangano come fanghiglia vile dinanzi a questo monolitico blocco della volontà e della tenacia fascista. (Acclamazioni). Noi del Regime fascista — e quando dico Regime, comprendo tutti voi, perché il Regime non è soltanto nei capi ma anche nei gregari, non è soltanto nelle gerarchie ma anche nelle masse che danno l'alimento vivo e la forza potente al Regime — non abbiamo dormito sugli allori. (Applausi). Abbiamo lavorato, duramente lavorato.

(segue...)