(segue) Al popolo di Roma per il XXVIII Ottobre
(28 ottobre 1926)
[Inizio scritto]
La verità vera, invece, ed
apparirà sempre più chiara col durare, cioè col
passare del tempo, la verità vera è che in Italia solo
dal 1922 si può parlare di un regime di popolo, perché
prima c'era il regime delle camarille, delle cricche, delle camorre,
dei parassiti (acclamazioni), i quali avevano scelto per i loro
giochi e per le loro manovre quel palazzo che non è molto
lontano da voi (ilarità).
Avevano mortificato, questa è
la verità, lo spirito della Nazione con una politica interna
debole e con una politica estera perennemente rinunciataria.
(Acclamazioni). Noi invece, parliamo direttamente al popolo.
Qui voglio aprire una parentesi
per fare un elogio di tutto il popolo italiano in genere e del popolo
di Roma in particolare. Io ho sempre respinto le ironie dei tempi in
cui c'erano troppe capitali in Italia e non ce n'era una sola come
doveva essere. Ed ho voluto che Roma, che è Roma di tutti i
tempi e per tutti i popoli da tremila anni, non fosse una città
di stanchi burocratici e di viaggiatori intenti a scrutare, qualche
volta a non capire, le nostre memorie antiche.
Ho voluto che accanto alla Roma
antica, che deve risorgere in tutto il suo splendore poiché è
cosa unica al mondo, ci fosse anche la Roma moderna, viva, operosa,
vibrante, degna capitale del grande Stato fascista. E l'ho voluto
anche perché il popolo di Roma da quattro anni a questa parte
dà uno spettacolo magnifico di disciplina, di dignità,
di consapevolezza.
Una volta, quando il popolo era
contro lo Stato, non si poteva fare una legge senza che sorgessero
ovunque le proteste, qualche volta sollecitate dai cosiddetti
deputati, in cerca di cosiddetti suffragi.
Oggi invece imponiamo la nostra
disciplina ed il popolo l'accetta, perché? Perché
sente, comprende che questa disciplina non è il risultato del
mio capriccio individuale, ma è il risultato di una profonda
necessità. Questo spettacolo dovrebbe essere veduto da tutti
coloro che diffamano turpemente il Regime fascista e quindi anche il
popolo italiano che lo appoggia. Con questa visione veramente
superba, veramente romana, con la visione di questa moltitudine
vibrante, ardente, volontaristica, io comincio da domani la mia
fatica dell'anno quinto, e questa fatica sarà, come nel mio
costume, quotidiana, metodica, ordinata, come quella di un soldato
che obbedisce alla consegna e non si muove per nessun motivo e non
deflette dalla consegna, nemmeno se tutte le forze dell'universo si
scatenassero contro di lui.
(segue...)
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