(segue) Per la mostra del grano
(9 ottobre 1927)
[Inizio scritto]

      Nel 1919, L. 69 al quintale; nel 1920, L. 90 al quintale; nel 1921, L. 115 al quintale; nel 1922, L. 118 al quintale; nel 1923, L. 102 al quintale; nel 1924, L. 121 al quintale. È solo in periodo di massima svalutazione che il prezzo del grano sale a 181 nel 1925 ed a 200 nel 1926. Si tratta di lire-carta, il cui valore ha oscillato in questi ultimi anni, e quindi le cifre sono opinabili. Convertiamo la carta in oro, che non è opinabile perché non è elastico, ed avremo che il prezzo del grano al quintale era di lire-oro 29 nel 1922; lire-oro 20 nel 1923; lire-oro 21 nel 1924; lire-oro 30 nel 1925; lire-oro 43 nel 1926; lire-oro 30 nel 1927.
      Queste cifre sono eloquenti. Tuttavia sono pronto a riconoscere che il prezzo del grano non è stato rimunerativo: 1°) in rapporto alle spese sostenute dagli agricoltori; 2°) in rapporto alla quantità di raccolto minore di quanto si sperava.
      Parliamo ora francamente senza pietosi eufemismi. La crisi c'è stata. La crisi è stata grave. La crisi era fatale, poiché era in relazione con la politica monetaria voluta ed attuata dal Regime e della quale il Regime assume in pieno — duramente — tutta la responsabilità.
      Gioverà dire, intanto, che nessun Paese ha stabilizzato la propria moneta al livello estremo al quale poteva averla spinta la speculazione. Dico, nessuno. Non mi occupo dei Paesi anglo-sassoni, baltici e scandinavi, che hanno rivalutato al 100 per 100. Ma cito la Francia che ha ricondotto il suo franco dalla quota di 250 alla quota 124; e lo stesso Belgio, che ha stabilizzato de jure, ma dopo avere ricondotto il suo franco dalla quota di 240 alla quota di 175. Solo dei miserabili traditori, degni delle sanzioni più severe, possono pensare che il Regime fascista avrebbe dovuto stabilizzare a 154 solo perché durante alcune ore di una sola giornata la lira fu spinta dal panico e dalla speculazione a quel livello.

(segue...)