Per l'Alto Adige
(3 marzo 1928)
Il Cancelliere
austriaco, monsignor Seipel, aveva inopportunamente risollevato la
questione dell'Alto Adige, con un discorso che ebbe eco in tutta
Europa. Alla Camera dei Deputati, nella tornata del 3 marzo, il Duce
prendendo occasione dalle interrogazioni in proposito degli onorevoli
Sansanelli e Pellizzari, pronunciò questo discorso che - con
quelli detti nel 1925 in risposta a Stresemann e al primo ministro
bavarese - costituisce una precisa requisitoria contro quelle
correnti tedesche e austriache che, dimentiche delle antiche
oppressioni compiute in Italia, rivelavano un'inquieta tendenza a
svisare la realtà dei fatti e a suscitare polemiche sul nostro
intangibile confine del Brennero.
La mia risposta agli onorevoli
camerati interroganti giunge un poco in ritardo per le seguenti
ragioni: anzitutto ho voluto leggere nel testo stenografico i
discorsi pronunciati al Consiglio nazionale austriaco. In secondo
luogo, attraverso un colloquio col nostro ministro a Vienna, ho
voluto notizie suppletive sull'ambiente, i precedenti e le
ripercussioni dei discorsi. In terzo, e non ultimo luogo, ho voluto
che un sufficiente intervallo di tempo togliesse all'incidente
l'alone di una eccessiva drammaticità. Annibale non è
alle porte. E nemmeno monsignor Seipel!
L'Italia è, oggi, un grande
Stato politicamente unitario, unicamente omogeneo, moralmente
compatto, splendidamente ordinato come nessun altro in Europa.
L'Italia è oggi un grande popolo di oltre cinquanta milioni di
uomini dei quali quasi quarantadue vivono nella penisola.
Questi uomini temprati dal
Fascismo hanno i nervi saldi e la parola breve e sanno tener duro.
L'Austria è quello che è.
Mi sono domandato persino se
valesse la pena di rispondere, e certo, se nella discussione non
fosse intervenuto il Cancelliere, cioè il Capo del Governo
austriaco, uomo per molti aspetti eminente, io avrei lasciato perdere
e non avrei rilevato l'esercitazione verbale antitaliana e
antifascista del Consiglio nazionale austriaco.
(segue...)
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