Ai Mutilati d'Italia
(4 novembre 1929)
Il 4 novembre,
anniversario della Vittoria, al Congresso dei Mutilati, riuniti in
Roma, nella ricorrenza dell'undecimo annuale della Vittoria, il Duce
pronunziò il seguente discorso:
Camerati! Commilitoni!
Dopo una notte temporalesca,
durante la quale il tuono sordo rotolante lontano ricordava i
preparatici delle grosse artiglierie prima delle azioni, questa
fulgida mattinata di sole è d'ottimo auspicio per il vostro
Congresso, il quale trae il suo particolare significato dal fatto che
si riunisce in Roma e nell'annuale della Vittoria.
Non vi parlerò a lungo, non
solo perché in questi ultimi tempi ho dovuto pronunciare ben
quattro discorsi, e ne ho quasi un grandissimo rimorso, ma anche
perché il vostro capo, l'on. Delcroix, ha parlato in modo
suggestivo, vibrante, commovente, che ci ha preso tutti. Egli ha
rievocato la storia della vostra gloriosa Associazione, anno per
anno.
Io sono un po' di casa vostra,
perché ho visto nascere la vostra Associazione a Milano
nell'aprile del 1917, e subito dopo, quando un'ora triste passò
nel cielo della Patria, i mutilati di guerra, rispondendo all'appello
del dovere, corsero verso le trincee, ridiedero il morale alle
fanterie italiane e collaborarono alla Vittoria.
Negli anni successivi,
l'Associazione dei mutilati e invalidi è stata sempre al suo
posto e ha resistito a tutte le lusinghe dei Governi che avevano
rinnegata la Vittoria, ha stroncato in pieno un movimento di
secessione per cui, davanti al sacrificio, si voleva fare una
ridicola e grottesca distinzione di borghesi e di proletari, di
ufficiali e di soldati. Dopo la Marcia su Roma, è una di
quelle che io considero le forze fondamentali del Regime fascista.
Il vostro compito non è
finito: oserei dire che comincia adesso, perché, man mano che
si allontanano l'epoca della guerra e l'epoca della Rivoluzione
fascista, vengono su nuove generazioni che non hanno vissuto questi
avvenimenti, dei quali hanno un'eco più o meno esatta, più
o meno lontana. Grande sventura sarebbe per la Patria il giorno nel
quale queste giovani generazioni cedessero allo scetticismo, al
materialismo, all'edonismo, che mortificano l'anima di altri popoli
contemporanei. Solo in Italia, o camerati, c'è ancora il culto
della Vittoria; solo in Italia, Combattenti e Mutilati sono forze
unitarie che rinverdiscono la gloria della Vittoria: in altri Paesi,
— non parlo solo dei Paesi vinti, ma anche dei vincitori —,
tutto ciò ormai è lontano ed è annegato in un
vacuo letterario pacifondismo, contro il quale, nel nostro
indimenticabile maggio 1915, noi scagliammo tutti i nostri fulmini e
gettammo tutta la nostra passione. Questi giovani noi li dobbiamo
curare attentamente, perché non avvenga che si guastino nello
spirito.
(segue...)
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