(segue) Alla Conferenza del grano
(26 marzo 1931)
[Inizio scritto]
Si è già fatta una
propaganda che in qualche paese ha assunto l'aspetto di una crociata
e da parte di qualche istituto un tono singolarmente apocalittico,
per indurre gli agricoltori a seminare meno terre. Poiché la
conferenza odierna dovrà, fra gli altri temi, trattare
principalmente quello dell'ordinamento della produzione, la questione
che vi ho sobriamente accennata sarà discussa in questa sede
con tutta la desiderabile ampiezza. È necessario che essa sia
bene chiarita, prima di iniziare un'azione in grande stile, per la
diminuzione del totale delle superfici messe a grano nel mondo. Il
che non esclude che venga esaminata compiutamente anche tale estrema
possibilità, la quale non può riguardare, del resto, i
paesi dove la più alta produzione è ottenuta senza
aumento sensibile di superficie.
È superfluo, però,
ricordare che questa conferenza, oltre gli interessi della produzione
e degli scambi, deve curare quelli del consumo, termine ultimo,
ragione e norma decisiva di ogni attività economica. Penso
che, senza gli accertamenti preliminari cui ho accennato, sarebbe
temerario imporre una limitazione delle colture cerealiche, quando vi
è ancora nel mondo troppa gente che soffre nella penuria e
langue nella miseria.
Non voglio dire di più. Vi
ringrazio di avermi seguito con attenzione ed auguro bene ai vostri
lavori. Fate che l'autorità vostra riesca, attraverso i vostri
voti, un elemento di fiducia per le Nazioni, così duramente
provate dal disagio.
L'abbondanza del grano non deve
pesare sulla sorte dei popoli come una maledizione, ma essere
invocata e benedetta come uno dei più consolanti compensi che
possano toccare sulla terra alla fatica millenaria e paziente del
genere umano.
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