(segue) La nuova economia italiana
(2 aprile 1931)
[Inizio scritto]
Questa consapevole disciplina ha
consentito di ridurre il divario fra prezzi all'ingrosso e prezzi al
minuto, per cui deve essere dichiarato illusorio ritardare
indefinitivamente gli acquisti, per attendere ulteriori, grandi
oscillazioni. Questa politica delle riduzioni di salari e stipendi,
per influire sui prezzi al minuto, che noi abbiamo praticato per i
primi, è stata adottata in quasi tutta l'Europa. Ma anche qui
si è, oramai, arrivati al limite oltre il quale non si può
andare, senza correre il pericolo che l'antidoto diventi, a sua
volta, veleno.
L'economia italiana — che
ha, nella vostra associazione delle società per azioni, la più
grande espressione — fortificata e temprata dal collaudo di
questi anni asperrimi, potrà affacciarsi al futuro con più
gagliarda fede e prospettive più felici.
E qui voglio inserire una domanda:
se dal 1922 ad oggi le società anonime sono passate da 6850 a
17.424 e il loro capitale da 21.395 milioni ad oltre 52 miliardi di
lire, non è questa la smentita eloquentissima e definitiva a
quanti accusano il Regime fascista di «vessare»
l'iniziativa privata?
Voglio sottolineare, infine, una
affermazione del vostro presidente Pirelli — il quale merita
l'applauso col quale avete salutato il suo dire — e cioè,
che l'economia fascista corporativa rappresenta la sintesi armonica
delle due economie antitetiche: la liberale e la socialista.
Anche la nostra economia —
nella sua configurazione corporativa — è stata
collaudata, poiché essendo stata sottoposta al massimo dello
sforzo, ha dato il massimo rendimento col minimo di inconvenienti.
Per convincervene, gettate uno sguardo a quel che accade,
politicamente e sindacalmente, nel vasto mondo.
La mia presenza alla vostra
assemblea vuole avere ed ha un chiaro significato di simpatia per la
vostra associazione, per l'opera da essa svolta, per l'opera sempre
gradita che svolgerà, di collaborazione e di ausilio con le
attività del Governo e vuole dimostrare che tutte le forze
vive della Nazione — sempre più compatte e concordi,
quanto più aspra è la fatica — tendono ad un
unico fine: superare le difficoltà odierne, per dare maggior
benessere al popolo che lavora e più alta potenza alla
Nazione.
(segue...)
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