(segue) Il Centenario del Consiglio di Stato
(19 agosto 1931)
[Inizio scritto]

      Anche in questo campo l'opera del Consiglio di Stato è fondamentale per il buon andamento delle singole amministrazioni. Un Regime di autorità, come quello fascista ha tutto l'interesse di far funzionare in piena regolarità un organo di controllo, di consulto e di giustizia come il Consiglio di Stato.
      La Rivoluzione fascista trovò il Consiglio di Stato così come lo aveva lasciato la legge del 1907. Avvalendosi dei pieni poteri, il Governo fascista portava, con R. Decretò del 30 dicembre 1923, n. 2840, modificazioni all'ordinamento del Consiglio di Stato, riordinandone — come si legge nella relazione a S. M. il Re — la funzione consultiva, estendendone l'obbligatorietà, facendo della IV e V Sezione l'unità del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale.
      Questa è la riforma più importante adottata dal Regime, che diede quindi luogo al Testo Unico del 26 giugno 1924 e relativo regolamento nella stessa data. Seguiva un Decreto legge del 23 ottobre 1924 che apportava alcune modifiche al testo unico. I successivi provvedimenti del Governo fascista non hanno recato ulteriori modificazioni di qualche rilievo all'ordinamento del Consiglio di Stato; è con R. Decreto legge del 15 ottobre 1925 che viene aumentato il numero complessivo dei Presidenti di sezione e dei Consiglieri di Stato; è un R. Decreto legge del 9 gennaio 1927 che conferisce al Governo del Re la facoltà di dispensare dal servizio magistrati dell'ordine amministrativo, facoltà di cui il Governo si è giovato con estrema discrezione, anche e soprattutto perché il Consiglio di Stato si componeva, nella sua grandissima maggioranza, ed oggi nella sua totalità, di uomini di sicura fede civica e di non meno fedele devozione al Regime; finalmente un Decreto legge del 14 aprile 1927 fissava i limiti per l'esame del Consiglio di Stato dei contratti da stipularsi dai Ministeri della Guerra e della Marina.

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