(segue) Il Duca d'Aosta
(13 novembre, 3 dicembre 1931)
[Inizio scritto]
Emanuele Filiberto di Savoia sentì
profondamente il significato e l'immensa portata spirituale della
guerra combattuta e vinta, sentì che la Nazione si era
arricchita di un inestimabile tesoro, frutto di tanto sacrificio e di
tanto sangue, e quando nel dopoguerra, come è accaduto altre
volte dopo altre grandi guerre presso altri popoli, vide che il
tesoro minacciava di essere disperso, che la Vittoria correva
pericolo di essere vilipesa, soprattutto nella sua essenza morale, il
Duca d'Aosta si volse verso il movimento fascista al quale, specie
dopo la Marcia su Roma, diede numerose e solenni testimonianze di
simpatia.
Egli, Principe, non disdegnò
di assumere la prima presidenza di quel grande istituto che è
l'Opera Nazionale Dopolavoro e, insediandone il primo Direttorio
nell'ottobre 1925, Egli si dichiarava fiero di dirigere un'opera di
pace che persegue una sublime missione di fratellanza, di amore e di
civiltà. E due anni dopo, nel maggio del 1927, lasciando la
carica elevava un suo saluto ed un augurio ai lavoratori d'Italia «ai
quali — diceva — mi lega fraternità di armi e di
affetti».
Poco prima di cadere ammalato, il
29 giugno di quest'anno, mandava un messaggio agli operai milanesi
che in numero di 15.000 guidati dai Sindacati fascisti, si recavano
in pellegrinaggio a Redipuglia.
Sentendo imminente la fine tracciò
il suo mirabile testamento spirituale e chiuse nella serenità
della fede, nella visione dell'Italia di domani, nel pensiero rivolto
alla Maestà del Re, la sua giornata terrena.
Tutto il Popolo italiano lo ha
pianto, tutto il Popolo italiano ne porterà nei secoli il
ricordo e l'immagine nel cuore.
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