(segue) Decidersi!
(12 gennaio 1932)
[Inizio scritto]

      Tutta l'armatura sociale soffre paurosamente di questa usura. Le orecchie abituate a percepire non soltanto i rombi delle tempeste, ma anche i rumori sordi delle lime sotterranee, sentono che qualche cosa scricchiola; che molti vincoli si sono allentati; che taluni postulati tradizionali e basilari — come il rispetto della vita, della casa, della proprietà altrui — franano; che la sfiducia nel domani conduce a teorizzare il carpe diem e la disperazione sbocca da una parte nell'avarizia e dall'altra nella dissipazione. Se a questi, aggiungete altri sintomi che ricordano con una analogia più che singolare, quanto accadde nelle epoche di decadenza di altre civiltà, sintomi che vanno, ad esempio, dalla efferatezza e dalla frequenza di certi delitti alla stupidità di certe gare, voi intuirete che non solo un determinato aspetto della nostra civiltà è in gioco, ma che tutta la civiltà della razza bianca può disintegrarsi, indebolirsi, oscurarsi nel disordine senza scopo, nella miseria senza domani. Come si vede, il nostro punto di vista sul problema prescinde completamente da quelle che potranno essere le conseguenze — temute o sperate — nella politica interna della Germania. Solo dei democratici possono vedere il problema sotto lo stretto punto di vista della speranza che un frego sulle riparazioni allontani nel tempo o faccia addirittura scomparire dall'orizzonte lo spettro di Hitler. Per noi, altri valori costituiscono la posta del gioco.
      I tempi sono ormai maturi. Per tutti, da oggi. Per noi, fascisti, da un decennio.