(segue) Discorso all'America
(14 gennaio 1932)
[Inizio scritto]
Ora non v'è che un modo per
uscire da questa situazione di staticità, che tante rovine
accumula nel mondo: cominciare con l'abbuono, fra gli Stati europei,
delle loro reciproche posizioni debitorie e creditorie. Compiuto
questo primo passo, presentare il fronte unico dei debitori europei
all'America. Rinunciando ai loro crediti, i debitori europei
avrebbero la coscienza perfettamente tranquilla per chiedere
l'annullamento dei loro debiti da parte del Governo degli Stati
Uniti. Voi pensate che gli Stati Uniti avrebbero il coraggio di
reclamare ancora il pagamento dei loro crediti da parte degli Stati
europei che avessero fatto la stessa concessione alla Germania? Voi
credete che gli Stati Uniti costringerebbero gli europei a
ricostruire il circolo vizioso che la Conferenza di Losanna deve
finalmente spezzare? Ecco l'interrogativo inquietante. Ma davanti ad
un atto di volontà finalmente consapevole di tutta l'Europa,
che attraverso il reciproco condono dei debiti dimostrerebbe di aver
superato la distinzione dei vincitori e dei vinti e creato quindi un
nuovo ambiente propizio ad ulteriori più larghe e più
feconde intese, gli Stati Uniti non avrebbero certamente il coraggio
di insistere. Non solo per ragioni di ordine morale; quantunque anche
queste abbiano il loro influsso sull'anima americana. È un
errore il credere che gli americani siano insensibili a suggestioni
di siffatta natura: v'è in essi un fondo di idealismo e di
disinteresse che ha avuto manifestazioni imponenti e pratiche in
tutti i Paesi del mondo. Essi si rifiuterebbero di apparire nella
storia dell'umanità come gli unici, i soli, i duraturi, i
secolari profittatori della guerra; nessuno di essi vorrebbe essere
paragonato a Shylock che pretendeva brandelli di carne dal corpo del
suo debitore. Noi pensiamo che in America, un movimento formidabile
di opinione finirebbe per travolgere tutte le resistenze di coloro
che credono ancora — non diciamo alla moralità —
ma alla utilità di questa situazione. Accanto a questi motivi
di ordine morale, vi sono quelli — non meno decisivi — di
ordine materiale che sollecitano gli americani a chiudere anche essi
la contabilità del sangue. Voi ricordate che cosa accadde per
la moratoria Hoover del luglio scorso. Si trattava solo di un anno,
ma pure un sollievo immenso degli spiriti andò dall'uno
all'altro degli orizzonti della terra. Gli uomini ripresero per un
momento animo ed ardimento e c'erano i segni evidenti di una ripresa,
prima che il tutto, di lì a poco, si spegnesse sotto gli
abbondanti getti d'acqua di quei meticolosi artisti della procedura
che sono i giuristi francesi, consiglieri della finanza dello Stato.
Ora, se la moratoria di un anno aveva potuto rianimare il mondo, come
si può dubitare della ripresa, qualora la strada sia
sbarazzata una volta per tutte da questo ostacolo, il maggiore,
forse, che immobilizza oggi i popoli e proietta le sue sinistre
conseguenze per quasi tutto il secolo attuale? È nello stesso
interesse degli Stati Uniti compiere il gesto di una rinuncia che
torna in definitiva a loro vantaggio. Non solo non ci perdono nulla,
ma guadagnano per altra via, quanto formalmente cancellano.
(segue...)
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