(segue) Paolo Boselli
(11 marzo 1932)
[Inizio scritto]
Un uomo cui il destino concede di
essere contemporaneo di tali avvenimenti non può avere nel
cuore che una religione, quella della Patria; che un culto, quello
degli eroi e dei martiri del Risorgimento: che un desiderio, quello
di vedere la Patria finalmente indipendente ed unita, avviarsi a
conquistare nuova potenza e nuova gloria.
Il Presidente della vostra
assemblea vi ha parlato di Paolo Boselli scrittore, giornalista, uomo
di governo; vi ha parlato della sua complessa, multiforme attività
politica e pubblicistica e dei grandi servizi da lui resi alla
Nazione nei molti e gravi uffici ricoperti.
Politicamente, egli non appartenne
ad un definito settore. La vecchia destra lo aveva iniziato alla
politica con Quintino Sella, ma, successivamente, non rifiutò
la sua collaborazione a Francesco Crispi, uomo di sinistra, nella
terminologia parlamentare più che nei fatti, e nella sua
intima convinzione.
Nel 1915 Paolo Boselli fu in
linea, anzi in prima linea, nel rispondere all'imperioso richiamo
della Patria; fu decisamente per l'intervento contro ogni compromesso
ed ogni transazione. Anche egli sentì che bisognava osare. Gli
si chiese, nel 1916, di assumere il Governo; quantunque al crepuscolo
della vita, non rifiutò di compiere il suo dovere. Durante due
anni particolarmente difficili fu animatore. Lasciato il potere, non
disperò mai della vittoria.
Dopo il 1918 — aveva ormai
80 anni — aveva diritto di sostare. Non volle; fu con noi
apertamente, completamente, senza restrizioni mentali o pentimenti;
nel 1922 e dopo. Militò spiritualmente tra le Camicie Nere, e,
come i suoi concittadini savonesi ricordano, ne fu fierissimo.
In questo primo decennio del
Regime, io ebbi sovente occasione di incontrarlo e di intrattenermi
con lui su piccole o grandi questioni. Era già sfinito nel
corpo, ma fervido sempre nello spirito. Il Museo del Risorgimento
all'Altare della Patria e lo sviluppo della «Dante»
furono le sue ultime preoccupazioni costanti.
(segue...)
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