Piccola Intesa e pace europea
(13 aprile 1933)
Il seguente
articolo, pubblicato dai giornali del gruppo «Universal
Service», appariva sul «Popolo d'Italia» del 13
aprile 1933:
Da anni, nel mondo diplomatico,
era conosciuto col nome di Piccola Intesa l'aggruppamento politico
dei tre Stati danubiano-balcanici: Cecoslovacchia, Jugoslavia,
Romania. Mentre i rapporti negativi fra i tre Stati portavano ad una
linea di condotta comune davanti a determinati problemi che si
riassumevano e si riassumono in un solo: conservazione del bottino, i
rapporti positivi non andavano oltre la linea del buon vicinato,
poiché questioni territoriali, politiche, economiche dividono
profondamente fra di loro i tre Stati. Un bel giorno, la Piccola
Intesa, cambia il suo stato civile ed, attraverso un protocollo, si
auto-definisce una «unità internazionale superiore»
provvista di un «organo direttivo per la politica comune».
La Piccola Intesa si eclissa ed entra rumorosamente in scena —
con accompagnamento parigino, a grande orchestra — la quinta
grande potenza d'Europa.
Siamo dinanzi ad un avvenimento
che occorre esaminare senza apriorismi e davanti ad una «inflazione»
che può cadere nel grottesco.
Non basta un patto politico fra
tre Stati per creare una grande Potenza. Questi tre Stati non hanno
niente in comune; né la razza — poiché si
compongono di slavi e di latini —, né la lingua, né
la storia, né la religione, né gli interessi economici.
Ognuno dei tre Stati contiene minoranze etniche e religiose
considerevoli. In Cecoslovacchia, ad esempio, i cechi rappresentano
soltanto il 50 per cento della popolazione, gli slovacchi il 15, i
tedeschi il 23, i magiari il 5, gli ucraini il 3, gli ebrei il 2, i
polacchi il 0,6.
(segue...)
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