(segue) Piccola Intesa e pace europea
(13 aprile 1933)
[Inizio scritto]
I trattati di pace sono sacri in
quanto conclusero uno sforzo glorioso e sanguinoso, un periodo di
sacrifici immensi e di grandi dolori; ma i trattati di pace non sono
il risultato di una giustizia divina, bensì di una
intelligenza umana, sottoposta, specie sul finir di una guerra
gigantesca, a influenze di ordine eccezionale. C'è qualcuno
che oserebbe affermare che i trattati di pace, da Versaglia in poi,
sono un'opera perfetta? Opera umana, io dico, e quindi non perfetta,
ma, aggiungo, sempre più perfettibile.
E, più oltre, soggiunsi:
Complicazioni gravi saranno
evitate rivedendo i trattati di pace là dove meritano di
essere riveduti, si darà nuovo e più ampio respiro alla
pace.
Queste parole non consentono
equivoci e provano che la politica dell'Italia — in questa
delicata materia — è stata costante e rettilinea.
Aggiungo che tale revisione — destinata ad evitare la
catastrofe universale di una nuova guerra — deve essere
affrettata nell'ambito della Lega delle Nazioni, come è del
resto ammesso e contemplato dallo stesso Patto fondamentale della
Lega delle Nazioni. Coloro che respingono l'idea della revisione
sono, quindi, fuori dallo spirito della Lega delle Nazioni, la quale
non può essere ridotta al compito di semplice guardiana dei
trattati del 1919, ma deve essere elevata invece a garante della
giustizia fra i popoli. Se la Lega delle Nazioni — sia pure con
tutto il tempo necessario e le cautele inevitabili, data la
delicatezza della materia — non oserà mai di porre sul
tappeto questo problema, la sua sorte è segnata, anche se nel
frattempo sarà giunto al tetto l'imponente edificio che si sta
costruendo sulle rive del Lemano.
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