Disarmo e Ginevra
(5 ottobre 1933)
Il 29 settembre
1933, la conferenza ginevrina per il disarmo aveva chiuso la prima
fase dei suoi lavori, in un'atmosfera torbida e incerta, grave di
dissensi e d'incognite. Prima della ripresa dei lavori, che dovevano
venir poi bruscamente troncati, il 14 ottobre 1933, dal distacco
della Germania, il Duce scrive per l'«Universal Service»
il seguente articolo, pubblicato sul o Popolo d'Italia» del 5
ottobre 1933:
L'atmosfera lirica che avvolse le
prime sedute della Conferenza del disarmo nel lontano febbraio del
1932, è quasi totalmente scomparsa. Allora i primi oratori
parlavano come profeti ispirati, e grande era l'attesa fra i popoli.
Tutto ciò si è diluito durante l'inutile passare di
venti mesi. Gli oratori non parlano più. Niente di più
significativo dello sciopero dell'eloquenza societaria verificatosi
in questi giorni a Ginevra. Su ben cinquantadue delegazioni convenute
a Batiment Electoral, nessuna aveva qualche cosa da dire. Il
parlamentarismo è in ribasso anche in quella specie di
superparlamento che è l'Assemblea annuale della Lega delle
Nazioni. I popoli non attendono più alcun miracolo e si
riterranno appagati se si arriverà ad un compromesso. Dalla
poesia che accendeva le speranze, siamo ormai alla prosa, elaborata
dai politici, con il rinforzo degli esperti. Bisogna prendere atto di
questa nuova situazione. La navicella del disarmo è lungi dal
porto e può anzi essere sospinta al largo: per un nuovo
periodo di navigazione di imprevedibile durata. Quali le cause che
inducono a queste prospettive? La prima di esse è di ordine
generale e consiste nella estrema difficoltà e complicazione
del problema. L'accordo famoso navale di Washington interessava
cinque Potenze e non fu facile raggiungerlo: una futura eventuale
convenzione del disarmo dovrebbe raccogliere l'adesione di tutti gli
Stati rappresentati alla Lega delle Nazioni e anche di quelli —
come gli Stati Uniti e la Russia — che non fanno parte
dell'istituto ginevrino.
(segue...)
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