(segue) Disarmo e Ginevra
(5 ottobre 1933)
[Inizio scritto]

      Secondo motivo è la diversa costituzione militare dei singoli Stati. Ci sono Stati prevalentemente navalisti come l'Inghilterra, gli Stati Uniti; ce ne sono altri prevalentemente terrestri come la Russia, ce ne sono altri che hanno imponenti forze di terra, di mare, di cielo. Ne consegue una diversa valutazione del problema. In genere gli Stati si sono mostrati transigenti per quegli armamenti che sono piuttosto da considerarsi ausiliari del loro sistema militare ma intransigenti nel caso opposto. È chiaro e logico che l'Inghilterra veda con occhio diverso gli armamenti navali da quelli terrestri. Inoltre accanto ai problemi di carattere strettamente militare, ci sono quelli che si possono chiamare di carattere «marginale», come il problema delle formazioni pre e post-militari, delle riserve istruite, dei contingenti coloniali. Tutto ciò appesantisce il problema. Forse lo stesso problema fu posto in termini troppo universali. Si è cercato di arrivare ad una convenzione generale di disarmo, mentre di disarmo non deve parlarsi, ma solo di una riduzione ed adeguazione di armamenti, poiché v'è un limite a questa riduzione, che nessuno Stato può, senza esporsi a gravi pericoli, oltrepassare. Collocata, e forse non poteva essere altrimenti, la Conferenza del disarmo, nella Società delle Nazioni, è chiaro che l'aumentato o diminuito prestigio di questo Istituto, avrebbe più o meno felicemente influito sul corso degli avvenimenti. Ora, durante gli ultimi venti mesi, il prestigio della Lega delle Nazioni ha ricevuto colpi duri. Tra l'altro il Giappone se ne è andato ed il suo atteggiamento rimane una incognita anche nella eventualità che si arrivi ad una convenzione.
      Ma questi ed altri motivi che omettiamo per non allungare la nota, non sarebbero sufficienti a spiegare lo scarso o nullo risultato dei lavori. Si potrebbe, malgrado tutto, arrivare alla meta, se esistesse un altro elemento di ordine politico e morale: la reciproca comprensione, la reciproca fiducia fra gli Stati e tra i popoli. Questa manca e nasconderselo sarebbe illusorio. Tra i conservatori dei Trattati e quelli che i Trattati subirono non vi è uno stato d'animo favorevole. Nella questiona del disarmo gli Stati vinti hanno fondati motivi, poiché il Trattato di Versaglia anticipava per gli Stati vinti un disarmo che gli Stati vincitori avrebbero a loro volta realizzato e prendevano solenne impegno di realizzare. Tutto ciò non è accaduto. Taluni Stati affermano che ciò non può più avvenire, data la nuova situazione determinatasi in Europa. Nel frattempo, però, la Germania è stata accettata nella Lega delle Nazioni, vi ha avuto un posto permanente nel Consiglio; si è firmato con lei il Patto di Locarno, successivamente le è stata riconosciuta, nel dicembre del 1932, la parità di diritti e dopo ha firmato il Patto a quattro. La nuova situazione era «in potenza» nel 1932, quando fu riconosciuta la parità di diritti; era «in atto» nel 1933, quando venne firmato il Patto a quattro. Ora, è difficile sostenere una tesi di discriminazione nei confronti della Germania e d'altra parte non si può non tenere conto — non fosse altro dal punto di vista psicologico — delle preoccupazioni altrui. Per superare questo duplice ostacolo, io non ho presentato un progetto vero e proprio di convenzione come si è detto, ma una serie di suggerimenti allo scopo di arrivare ad una conclusione, limitata, ma pratica.

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