(segue) Disarmo e Ginevra
(5 ottobre 1933)
[Inizio scritto]
Questi suggerimenti sono stati
oggetto di attive conversazioni diplomatiche a Roma ed a Ginevra e
potranno condurre ad un accordo se si riuscirà a sormontare il
fattore «morale» che rende sospettosi e diffidenti gli
uni e gli altri.
La Francia ha già in sé
formidabili elementi per la sua «securité» e sono
gli apprestamenti militari, stabili e mobili, nonché la
tradizione ed il morale del suo esercito e del suo popolo, che
risponderebbero sempre ad un appello quando la Francia fosse
attaccata, nel qual caso entrerebbero inoltre in funzione i garanti
di Locarno.
La Germania, nonostante talune
manifestazioni non sempre tempestive dei cosiddetti Unterfuhrer ha
parlato ufficialmente e solennemente il 17 maggio attraverso il suo
Cancelliere e non può pensare alla guerra, pena una nuova,
forse irreparabile, catastrofe. Il nazismo è sufficientemente
impegnato dai problemi della politica interna, per pensare ad
avventure di ordine militare. È solo superando gli ostacoli di
natura morale, che si può giungere — anche in base al
preambolo impegnativo del Patto a quattro — ad un accordo
sostanziale fra le tesi tedesca e francese e quindi ad una prima
convenzione sul disarmo, che non dovrebbe dare fondo all'universo, ma
segnare una prima tappa sul lungo e impervio cammino.
Per abbracciare tutta la gravità
e la delicatezza dell'argomento, bisogna prospettarsi anche l'ipotesi
sfavorevole e cioè il fallimento, più o meno
elegantemente camuffato, della Conferenza. Quel giorno la Società
delle Nazioni avrà finito praticamente di esistere; nuovi
raggruppamenti degli Stati si produrranno; le antitesi diventeranno
immediatamente acute e un tempo pieno di terribili incognite di
ordine anche sociale comincerà nella Storia dell'Europa e del
mondo.
(segue...)
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