Che cosa vuole l'America?
(17 agosto 1934)
Articolo scritto
per l'«Universal Service» e pubblicato nel Popolo
d'Italia del 17 agosto 1934-XII.
Un libro che ha un titolo di
questo genere, è grandemente attirante e quando poi si
aggiunga che l'autore è l'economista Wallace, il quale fa
parte dell'attuale governo di Roosevelt, la curiosità vi
spinge sulle pagine e ve le fa leggere senza pause da cima a fondo.
Il libro è breve e sarebbe
ancora di più comoda lettura se il prof, senatore Einaudi non
avesse accollato alle 100 pagine del testo una introduzione di ben 37
pagine, una specie di glossa prolissa a un testo che è
straordinariamente chiaro e che avrebbe dovuto imbarazzare
profondamente un cultore superstite del liberalismo. A meno che non
sia anch'egli sulla strada di Damasco.
Il succo del libro del Wallace è
questo: gli Stati Uniti possono, per uscire dalla terribile
depressione cominciata nel 1929, scegliere tre strade: o quella
dell'autarchia economica assoluta o quella della collaborazione
commerciale e mondiale o una via di mezzo. Ma per riuscire in ognuno
di questi tre possibili tentativi, condizione pregiudiziale, secondo
il Wallace, è la instaurazione di un «ordine»
nell'economia; la creazione di un «piano», una economia,
insomma, «programmata». Questa economia «programmata»,
del resto, è in atto e precisamente nel settore
dell'agricoltura che è stato il più provato dalla
crisi.
«Alla fine del 1934 —
dice il Wallace — noi avremo probabilmente sottratto 15 milioni
di acri alla coltivazione del cotone, 20 milioni di acri a quella del
granoturco e circa mezzo milione di acri alla coltura del tabacco.
Aggiungiamo 7 milioni e mezzo di acri che noi non semineremo più
a frumento ed avremo in totale 43 milioni di acri, i quali saranno
sottratti ai nostri principali raccolti di esportazione. 43 milioni
di acri sono quasi un ottavo di tutta la terra agricola su cui oggi
si fanno raccolti negli Stati Uniti.»
(segue...)
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