(segue) Che cosa vuole l'America?
(17 agosto 1934)
[Inizio scritto]
Non essendoci possibilità
di aumentare il consumo non si può non contrarre la
produzione. Ma queste misure di ordine negativo non bastano. Sono dei
palliativi più o meno empirici dettati dalla necessità.
Ci vuole qualche cosa di più organico.
«Più studio i nostri
imbarazzi — osserva il Wallace — e più mi convinco
che occorre ben più di un'azione di fortuna e di provvedimenti
occasionali di urgenza accavallati gli uni sugli altri. È
necessario andare sino in fondo, al più presto possibile,
costruire un «piano» adatto alla nostra produzione
nazionale e al genio del nostro popolo e tenersi stretti a questo
piano ad ogni costo qualunque cosa facciano e qualsiasi pressione
esercitino gli opportunisti.»
Tutto ciò è
estremamente impegnativo. In un altro punto del libro, il Wallace, ci
fa sapere che «i nuovi sistemi di controllo sociale ora
inaugurati sono destinati a rimanere ed a svilupparsi su una scala
mondiale e nazionale».
Tutti i vecchi teoremi del
liberalismo economico, che ebbe in America innumerevoli profeti e
trionfi che parevano senza eclissi o tramonti — tanto che
libertà economica e prosperità sembravano sinonimi —
vengono rigettati dal Wallace nella maniera più cruda. Adamo
Smith viene posto in questione. (Il libro di Smith La ricchezza delle
Nazioni è del 1776 e da allora molte cose sono avvenute nel
mondo. L'umanità non è rimasta inchiodata alla
situazione di fatto del 1776 e alle dottrine che ne scaturirono).
Quale «verità» fu più proclamata di quella
della «libera concorrenza» e della sua «utilità»
ai fini del progresso? Ma il Wallace non ci crede più e così
ne ragiona:
«Adamo Smith reputava che il
commercio lasciato a sé (laissez-faire) si equilibrerebbe e
regolerebbe spontaneamente in modo da raggiungere il bene generale.
Un'amara esperienza ha ora insegnato che il laissez-faire non
possiede alcuna virtù magica. La concorrenza assolutamente
libera, sia che abbia luogo entro un Paese o nell'intero mondo,
produce una insopportabile eccessiva concentrazione di beni e di
potenze. Quando la pressione diventa troppo forte scoppia una guerra
o una rivoluzione interna e dobbiamo ricominciare da bel principio lo
stesso arido ciclo. Tale era l'antico sistema. Esso era il prodotto
di un'avidità e di un opportunismo sfrenati. Noi, spero,
l'abbiamo fatta finita con esso. Siamo stati costretti per forza a
pensare in termini non di produzione e di commercio liberi, ma di
produzione e di commercio programmati dentro e fra le Nazioni.»
(segue...)
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