(segue) Che cosa vuole l'America?
(17 agosto 1934)
[Inizio scritto]
«In un'epoca nella quale una
tecnologia progredita produce beni in abbondanza soffocante, la paura
di morir di freddo e di fame dovrebbe essere allontanata quasi per
misura di decenza collettiva dalla vita degli uomini inciviliti. Non
si tratta di un idealismo nebbioso privo di base nei fatti.»
V'è nella prosa del Wallace
un senso di ottimismo virile, simile a quello che animò i
pionieri nelle prime incerte giornate della loro conquista. Ottimismo
che si rivela in questa ultima citazione:
«La nuova epoca dev'essere
contrassegnata religiosamente, economicamente, scientificamente dalla
profonda persuasione che la umanità possiede oggi tanta
potenza mentale e spirituale e tanto dominio sulla natura da togliere
per sempre ogni valore alla teoria della lotta per la vita e
sostituirla con la legge più alta della cooperazione.»
Il Wallace dice cooperazione. Ma
egli intende corporazione. Il suo libro è «corporativo».
Le sue soluzioni sono corporative. Questo libro è un atto di
fede, ma è anche una requisitoria tremenda contro l'economia
liberale che ha fatto il suo tempo e concluso il suo ciclo. Alla
domanda: che cosa vuole l'America? si può rispondere: tutto,
fuorché un ritorno all'economia liberale, cioè
anarchica. Se poi qualcuno domandasse: dove va l'America? Ebbene,
dopo la lettura del libro di Henry Wallace, si può
tranquillamente affermare che l'America va verso l'economia
corporativa, cioè verso l'economia di questo secolo.
Merito e gloria imperitura della
Rivoluzione fascista quella di aver aperto la grande strada sulla
quale — a poco a poco — marceranno tutti i popoli.
|