Dichiarazioni al senato per la vertenza italo-etiopica
(14 maggio 1935)
Intanto gli
avvenimenti internazionali assumevano una piega che esigeva ad ogni
istante l'azione decisiva del Duce. Di fronte all'atto della
Germania, che aveva dichiarato il proprio diritto ad armare, si erano
adunati a Stresa, con il Duce, i ministri francesi Fiandin e Lavai e
i ministri inglesi MacDonald e Simon. TI risultato del convegno di
Stresa (12-14 aprile) era stato in grande parte negativo: non aveva
portato a una conclusione definitiva, sopra tutto in causa
dell'atteggiamento del rappresentante inglese, desideroso di portare
la questione alla Società delle Nazioni. Così si era
rivelata fin d'allora la fragilità di quel fronte unico
italo-franco-inglese, stabilito dagli accordi del 7 gennaio e del 3
febbraio. Rimaneva integro l'accordo italo-francese particolarmente
importante per l'incalzante sopravvenire degli avvenimenti
italo-abissini. L'Etiopia, sentendosi protetta dalla Società
delle Nazioni non voleva dare, per l'incidente di Uai-Val quelle
soddisfazioni che aveva dato per l'aggressione di Gondar e l'Italia
fascista aveva iniziato — secondo un piano preciso e ben
preordinato — le chiamate sotto le armi e gli invii di soldati
ed operai nell'Affrica Orientale. Il Duce però aveva tenuto
sempre un grande riserbo, operando silenziosamente. Tuttavia, fino
dal 16 febbraio, nella seduta serale del Gran Consiglio, Egli aveva
solennemente annunciato che 70.000 Camicie Nere avevano domandato di
partire per l'Affrica Orientale. Poi, il 28 aprile 1935-XIII, in un
breve discorso (non riprodotto ma solamente riassunto dalla stampa),
celebrandosi la Festa del Lavoro (trasportata nel 1935 al 28 dal 21
aprile, perché questo giorno coincideva con la Pasqua), aveva
accennato al «clima duro che si annuncia» e aveva detto
fra l'altro: «Nell'anno trascorso l'orizzonte si è
schiarito e più ancora si schiarirebbe se la politica venisse
in aiuto dell'economia, se, cioè, si desse il più lungo
periodo possibile di pace all'Europa, senza con ciò aderire
alle viete ideologie pacifondaie che espongono i popoli a tutte le
più gravi sorprese. Tutti coloro che non si adeguano alle
necessità e ai doveri di questa ardente e profonda vita del
popolo italiano saranno espulsi, quali elementi negativi,
dall'organismo giovane e gagliardo della Nazione». Finalmente,
al Senato del Regno, nella tornata del 14 maggio 1935-XIII, il Duce
faceva, fra le acclamazioni dell'Assemblea, le seguenti
dichiarazioni, che ebbero subito ampia e profonda risonanza nel Paese
e in tutto il mondo:
(segue...)
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