Il discorso di Cagliari
(8 giugno 1935)
Nella prima decade
di giugno si era scatenata, in modo inatteso, una vivace campagna
della stampa britannica contro la possibilità di un'azione
italiana nell'Affrica Orientale: i giornalisti inglesi, dimentichi
della storia coloniale del loro paese, accusarono l'Italia di voler
sopraffare e aggredire, senza tener alcun conto dei nostri diritti di
fronte alle aggressioni subite e della nostra necessità
d'espansione. S. E. il Capo del Governo, la mattina dell'otto giugno,
andò improvvisamente in volo a Cagliari, ove la sua visita era
attesa da ben dodici anni. Partì da Bracciano alle 6.40' e
giunse a Cagliari verso le 8.30'. Dinanzi a Lui, fra un delirio di
popolo acclamante, sfilavano le truppe della Divisione «Sabauda»,
in partenza per l'Affrica Orientale e quella del Presidio di
Cagliari. Quindi il Duce rivolse ai Fanti, alle Camicie Nere, al
popolo sardo questo breve discorso che suscitò vivissimo
entusiasmo e profonda impressione, perché conteneva una
sintetica e incisiva risposta alle polemiche inglesi. Come sempre, il
Duce parlava — non soltanto al popolo di Sardegna — ma a
tutta l'Italia e al mondo.
Camicie Nere di Cagliari!
Voi avete assistito ad una superba
manifestazione di forza e di disciplina in tutto degna dell'eroica e
guerriera stirpe di Sardegna.
Le truppe della «Sabauda»
hanno nel loro nome la migliore parola d'ordine. Abbiamo dei vecchi e
dei nuovi conti da regolare: li regoleremo.
Non terremo nessun conto di quello
che si possa dire oltre frontiera, perché giudici dei nostri
interessi, garanti del nostro avvenire siamo noi, soltanto noi,
esclusivamente noi e nessun altro.
Imiteremo alla lettera coloro i
quali ci fanno la lezione. Essi hanno dimostrato che, quando si
trattava di creare un impero o di difenderlo, non tennero mai in
alcun conto l'opinione del mondo.
(segue...)
|