(segue) Il piano regolatore della nuova economia italiana
(23 marzo 1936)
[Inizio scritto]
Nel quinto mese dell'assedio —
che rimarrà nella storia d'Europa come un marchio di infamia,
così come gli aiuti materiali e morali forniti all'Abissinia,
vi rimarranno come una pagina di disonore — l'Italia non solo
non è piegata, ma è in grado di ripetere che l'assedio
non la piegherà mai. Solo un'ignoranza opaca poteva pensare il
contrario.
Nostro stretto dovere era di
tirare diritto: lo abbiamo fatto; ma più di noi,
incomparabilmente più di noi, l'hanno fatto i soldati e le
Camicie Nere, che hanno spezzato la tracotanza abissina,
schiacciandone le forze armate.
La vittoria bacia le nostre
bandiere e quel che i soldati conquistarono è ormai un
territorio consacrato alla Patria. Parta da questo colle verso i lidi
africani il saluto della Rivoluzione alle falangi vittoriose
dell'Italia fascista!
L'assedio economico che è
stato decretato per la prima volta contro l'Italia perché si è
contato, secondo una frase pronunziata nella riunione di Parigi del
10 marzo, sulla «modestia del nostro potenziale industriale»
— ha sollevato una serie numerosa di problemi che tutti si
riassumono in questa proposizione: l'autonomia politica, cioè
la possibilità di una politica estera indipendente, non si può
più concepire senza una correlativa capacità di
autonomia economica. Ecco la lezione che nessuno di noi dimenticherà!
Coloro i quali pensano che finito l'assedio si ritornerà alla
situazione del 17 novembre si ingannano.
Il 18 novembre 1935 è
ormai una data che segna l'inizio di una nuova fase della storia
italiana. Il 18 novembre reca in sé qualche cosa di
definitivo, vorrei dire di irreparabile. La nuova fase della storia
italiana sarà dominata da questo postulato: realizzare nel più
breve termine possibile il massimo possibile di autonomia nella vita
economica della Nazione.
(segue...)
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