(segue) Il piano regolatore della nuova economia italiana
(23 marzo 1936)
[Inizio scritto]

      Passiamo ora ai minerali metallici e altro. Abbiamo ferro sufficiente per il nostro fabbisogno di pace e di guerra. La vecchia Elba sembra inesauribile, il bacino di Cogne è valutato a molte decine di milioni di tonnellate di un minerale che, dopo quello svedese, è il più puro d'Europa: unico inconveniente, la quota di 2800 metri alla quale si trova: inconveniente dico, non impedimento. Altre miniere di ferro sono quelle riattivate della Nurra e di Valdarsa. Aggiungendo alle miniere di ferro le piriti, da questo lato possiamo stare tranquilli. Altri minerali che l'Italia possiede in grande quantità sono: la bauxite e leucite per l'alluminio, zinco, piombo, mercurio, zolfo, manganese. Stagno e nichelio esistono in Sardegna e in Piemonte. Non abbiamo rame in quantità degna di rilievo. Passando ad altre materie prime, non abbiamo sino ad oggi — ma avremo fra non molto — la cellulosa: non abbiamo gomma.
      È nel 1936 che si riprenderà la cultura del cotone. Manchiamo di semi oleosi. Nell'attesa di lana sintetica prodotta su scala industriale, la lana naturale non copre il nostro consumo. La deficienza di talune materie prime tessili non è tuttavia preoccupante: è questo il campo dove la scienza, la tecnica e l'ingegno degli Italiani possono più largamente operare e stanno infatti operando. La ginestra, ad esempio, che cresce spontanea dovunque, era conosciuta da molti Italiani soltanto perché Leopardi vi dedicò una delle più patetiche poesie: oggi è una fibra tessile che può essere industrialmente sfruttata. I 44 milioni di Italiani avranno sempre indumenti necessari per coprirsi: la composizione di questi tessuti è — in questi tempi — una faccenda assolutamente trascurabile.
      La questione delle materie prime va dunque, una volta per tutte, posta non nei termini nei quali la poneva il liberalismo rinunciatario e rassegnato ad una eterna inferiorità dell'Italia, riassumentesi nella frase, ormai divenuta abusato luogo comune, che l'Italia è povera di materie prime. Deve dirsi invece: l'Italia non possiede talune materie prime, ed è questa una fondamentale ragione delle sue esigenze coloniali; l'Italia possiede in quantità sufficiente alcune materie prime; l'Italia è ricca di molte altre materie prime. Questa è l'esatta rappresentazione della realtà delle cose e questo spiega la nostra convinzione che l'Italia può e deve raggiungere il massimo livello utile di autonomia economica, per il tempo di pace e soprattutto per il tempo di guerra. Tutta l'economia italiana deve essere orientata verso questa suprema necessità: da essa dipende l'avvenire del Popolo Italiano.

(segue...)