(segue) Il piano regolatore della nuova economia italiana
(23 marzo 1936)
[Inizio scritto]
Quanto all'attività
commerciale, bisogna distinguere i due aspetti: quello esterno, che è
diventato funzione diretta o indiretta dello Stato e nient'affatto
contingente come qualcuno potrebbe credere, e quello interno che —
ottenuto l'alto disciplinamento delle categorie — non cambierà
di molto la sua fisionomia. Il campo del commercio resta affidato
all'attività individuale o dei gruppi o delle cooperative.
Per quanto riguarda il settore
del credito — che sta all'economia come il sangue all'organismo
umano, — i recenti provvedimenti lo hanno logicamente portato
sotto il controllo diretto dello Stato. Questo settore è, per
mille ragioni, di assoluta pertinenza dello Stato.
Passando alla produzione
artigiana e industriale, dichiaro che l'Artigianato sarà
aiutato: esso, specie in Italia, è insostituibile. Non è
solo per omaggio ad una gloriosa tradizione che lo difendiamo, ma per
la sua utilità presente. Piccola e media industria rimarranno
nell'ambito dell'iniziativa e della responsabilità
individuale, armonizzata in senso nazionale e sociale
dall'autodisciplina corporativa.
Quanto alla grande industria che
lavora direttamente o indirettamente per la difesa della Nazione ed
ha formato i suoi capitali con le sottoscrizioni azionarie, e per
l'altra industria sviluppatasi sino a divenire capitalistica o
supercapitalistica — il che pone dei problemi non più di
ordine economico, ma sociale — essa sarà costituita in
grandi unità corrispondenti a quelle che si chiamano le
industrie-chiavi ed assumerà un carattere speciale nell'orbita
dello Stato. L'operazione in Italia sarà facilitata dal fatto
che lo Stato già possiede, attraverso la I. R. I., forti
aliquote e talora la maggioranza del capitale azionario dei
principali gruppi di industrie che interessano la difesa della
Nazione.
(segue...)
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