(segue) «L'Etiopia è italiana!»
(5 maggio 1936)
[Inizio scritto]

      Ad essi va la profonda e devota riconoscenza della patria, e tale riconoscenza va anche ai centomila operai che durante questi mesi hanno lavorato con un accanimento sovrumano.
      Questa d'oggi è una incancellabile data per la rivoluzione delle camicie nere, e il popolo italiano, che ha resistito, che non ha piegato dinanzi all'assedio ed alla ostilità societaria, merita, quale protagonista, di vivere questa grande giornata.
      Camicie nere della Rivoluzione! Uomini e donne di tutta Italia!
      Una tappa del nostro cammino è raggiunta, continuiamo a marciare nella pace, per i compiti che ci aspettano domani e che fronteggeremo con il nostro coraggio, con la nostra fede, con la nostra volontà.
      Viva l'Italia!

      Il discorso è di continuo interrotto da frenetiche manifestazioni d'entusiasmo. Gli applausi si trasformano in un uragano travolgente di grida impetuose, quando il Duce afferma la sovranità di fatto e di diritto sull'Etiopia e la missione di civiltà dei nostri eroici lavoratori. Lo spettacolo dell'adunata appare, a questo punto, indescrivibile. L'imponenza dell'ora storica raggiunge il suo massimo grado d'intensità quando il Duce, dopo una pausa, a conclusione delle sue parole, lancia il grido: «Viva l'Italia!» «Viva l'Italia!», risponde in coro la moltitudine — e il grido è il segnale di una nuova e più grandiosa manifestazione. Il Duce, dopo aver sostato alcuni minuti, lascia il balcone — ma per dieci volte Egli deve tornare, chiamato dall'acclamazione del Popolo.
      Per circa mezz'ora, la manifestazione continua intensissima — mentre, dall'Altare della Patria, diecimila Balilla, Avanguardisti, Giovani fascisti, Piccole e Giovani Italiane intonano l'inno imperiale.

(segue...)