(segue) Ai coloni dell'Agro Pontino
(18 dicembre 1936)
[Inizio scritto]
Siamo andati verso il popolo.
Sul terreno delle conquiste sociali, delle grandi realizzazioni, che
devono elevare moralmente e materialmente il popolo, noi non abbiamo
nulla da imparare da nessuno. Possiamo insegnare qualche cosa a
tutti.
I premi che furono distribuiti
ai coloni di questa terra oramai redenta, costituiscono un premio
alla loro fatica, ma costituiscono anche un impegno per tutti i
lavoratori della terra, di rimanere fedeli alla terra, poiché
colui che l'abbandona senza un supremo motivo, io lo considero un
disertore dinanzi a sé e dinanzi al popolo italiano.
Il destino dei popoli che si
sono inurbati ed hanno abbandonata la terra, è storicamente
segnato: è la decadenza che li attende!
Fu questione, nel discorso di
Avellino, di sapere se tutti i Conti erano stati regolati. Tutti i
conti africani sono stati regolati, fino al centesimo. Altri conti
esistono, altre questioni, ma io credo fermamente che essi saranno
regolati per le vie normali, come noi desideriamo e vogliamo. Poiché
mentre noi fascisti respingiamo la favola incosciente di una pace
perpetua, che non esiste mai nel mondo e mai potrà esistere,
desideriamo il più lungo periodo possibile di pace.
Donne di Minturno, alzate pure
l'ulivo: voi sapete con che cosa noi l'accompagniamo!
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