(segue) Per l'annuale dell'Impero
(9 maggio 1937)
[Inizio scritto]


      Quindi il Duce, con un cenno, impone il silenzio; e dice:

      Roma madre e il popolo di tutta Italia hanno tributato, oggi, gli onori meritati del trionfo ai soldati e agli operai nazionali, agli eritrei, ai libici, ai somali che hanno combattuto e vinto la nostra grande guerra africana.
      La celebrazione del 1° annuale del nuovo Impero di Roma si svolge nel legittimo orgoglio e nella piena letizia del popolo, sotto il triplice faustissimo segno della gloria, della potenza e della pace.
      Pace per noi e per tutti: per tutti, se la vorranno e se ascolteranno il monito che sale dalla profonda coscienza e dall'animo del popolo. E per noi che vogliamo portare a termine in terra africana la millenaria missione italiana di lavoro e di civiltà.
      Guidati dal Littorio, e, se necessario, travolgendo ogni ostacolo, presente e futuro, (la folla grida: «Sì! Sì!»), noi ne abbiamo la coscienza e la volontà, l'adempiremo.
      Le dimostrazioni si rinnovano nel pomeriggio. Dieci volte il Duce deve riaffacciarsi al balcone per rispondere alle acclamazioni: all'undecima, con un nuovo cenno Egli placa l'entusiasmo e chiede:
      Perché mi domandate ancora delle parole? (Una voce risponde: «Perché le tue parole ci sono di guida»).
      Non vi sembrano abbastanza eloquenti i fatti? («Sì! Sì!» risponde la moltitudine). Quelli di domani lo saranno ancora di più!