(segue) Alle popolazioni della Sicilia
(10-20 agosto 1937)
[Inizio scritto]
Nel primo periodo, susseguente
alla costituzione del Regno d'Italia e alla rivoluzione garibaldina,
a cui i siciliani dettero il loro sangue più generoso, la
Sicilia fu trascurata e negletta. Era l'epoca liberale o
demoliberale, che considerava il popolo non come una vivente realtà
umana, ma come un armento da dividersi in tanti greggi elettorali.
Ciò nonostante, anche
durante questo periodo la Sicilia ha fatto il suo dovere: ha sentito
in tutte le fibre del suo essere l'amore per la Patria; e, nella
battaglia di Adua, i serventi delle Batterie siciliane rimasero
inchiodati ai loro cannoni, magnifico esempio di eroismo.
Nel 1922 si chiude il periodo dei
governi demoliberali e se ne apre un altro che verrà ricordato
come quello della Rivoluzione delle Camicie Nere. Sono eliminate le
vecchie classi politiche che avevano diverse colpe, ma soprattutto
una, imperdonabile: quella di non aver creduto nella virtù del
popolo italiano.
Il Duce ricorda, quindi, come la
guerra nel 1915 sia stata imposta dal popolo, superando le riserve e
le paure di coloro che nella vita non sanno che tremare e sottolinea
il grande significato storico della fondazione dell'Impero, ponendo
in rilievo come oggi, dopo un tale evento, i problemi siciliani
debbano essere prospettati appunto sul piano dell'Impero, in quanto
la Sicilia è oggi, più che mai, una frontiera della
Patria e ha per l'Impero un'importanza assolutamente vitale.
Il Duce osserva, poi, come la
magnifica compattezza di cui dà prova da quindici anni il
popolo italiano dimostri che il Regime fascista ha sempre mantenuto
le sue promesse. Esso voleva uno Stato unitario e lo Stato unitario
esiste in tutta la estensione della sua realtà. Si era parlato
sin dai primi tempi di regime sindacale corporativo, e tutto ciò
è stato realizzato. Si voleva infine venire incontro ai
bisogni concreti del popolo ed all'elevazione morale e materiale
della massa, e tutto questo il Regime fascista ha fatto.
(segue...)
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