Il discorso di Palermo
(20 agosto 1937)
Il 19 agosto, alle
11,30', il Duce entra in Palermo, ultima tappa e coronamento supremo
del viaggio; il giorno seguente, 20 agosto, nel Foro italico, al
cospetto del Mediterraneo, su di un podio alto 15 metri, alla
presenza di 500.000 persone, pronuncia il discorso atteso dai
siciliani, dagli Italiani e dal mondo:
Camerati Palermitani!
Con questa vostra maestosa adunata
di popolo si conclude il mio secondo viaggio in Sicilia.
(Acclamazioni). Ora posso dire di avere veramente visitato la vostra
magnifica terra e di avere veduto la sua laboriosa e fierissima
gente. (Acclamazioni). Nella prima parte del mio discorso io parlerò
di voi, dei vostri problemi, dei «nostri problemi» poiché
non c'è nessun problema in nessuna parte d'Italia che non
diventi immediatamente un problema per l'intera Nazione.
Nella seconda parte prospetterò
talune questioni che si riferiscono all'attuale situazione
internazionale. Prima di tutto desidero di far sapere ai camerati
delle altre 85 Provincie del Regno e ai superstiti antifascisti che
girano per il mondo, che la Sicilia è fascista fino al
midollo, (entusiastiche acclamazioni), che Sicilia e Camicie Nere
sono una cosa sola, che Sicilia e Fascismo costituiscono una perfetta
identità. (Acclamazioni).
Anche la Sicilia ha camminato
vigorosamente durante questi primi quindici anni della Rivoluzione
fascista.
Se mi fosse concesso di parlare
per percentuali, direi che il 25 per cento è già fatto,
che un 25 per cento è in via di realizzazione, che un 50 per
cento resta da fare e sarà fatto. (Applausi).
Il problema dei problemi per la
vostra isola si riassume in un nome breve, semplice, italianissimo:
acqua, (una entusiastica acclamazione saluta l'affermazione del
Duce), acqua per dissetare gli uomini, acqua da sistemare per evitare
che per i pericoli della malaria le genti si raccolgano sulla cima
delle montagne, acqua da raccogliere.
(segue...)
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