(segue) Il caso Ludlow
(28 dicembre 1937)
[Inizio scritto]
«Anche nei paesi —
diceva Mussolini — dove i sistemi rappresentativi sono in più
alto uso da secoli giungono ore solenni in cui non si domanda più
nulla al popolo, perché si sente che la risposta sarebbe
fatale; gli si strappano le corone cartacee della sovranità —
buone per i tempi normali — e gli si ordina senz'altro o di
accettare una rivoluzione o una pace o di marciare verso l'ignoto di
una guerra. Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e
obbedire. Voi vedete che la sovranità elargita graziosamente
al popolo gli viene sottratta nei momenti in cui potrebbe sentirne il
bisogno. Gli viene lasciata solo quando è innocua o è
reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione.
Vi immaginate voi una guerra proclamata per referendum? Il referendum
va benissimo quando si tratta di scegliere il luogo più
acconcio per collocare la fontana del villaggio; ma quando gli
interessi supremi di un popolo sono in gioco, anche i Governi
ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del
popolo stesso».
Un giorno ormai alquanto lontano,
il grande sociologo Gustave Le Bon — col quale l'autore di
queste righe ebbe qualche dimestichezza epistolare — indisse un
referendum per la migliore definizione della democrazia. La risposta
che gli giunse dall'Italia fu definita da lui la migliore e diceva:
«La democrazia è quel sistema politico nel quale di
quando in quando si dà al popolo l'illusione di essere
sovrano». Un'illusione inutile e una sovranità ridicola.
L'autentico popolo non sa che farsene.
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