(segue) Agli agricoltori e agli ecclesiastici vincitori dell'VIII Concorso del grano
(9 gennaio 1938)
[Inizio scritto]
Adunati nell'aula
magna del Collegio Romano, gli ecclesiastici hanno votato un ordine
del giorno di gratitudine al Fondatore dell'Impero; quindi, preceduti
da bandiere portate da sacerdoti decorati e da cappellani militari,
hanno reso omaggio al Milite Ignoto, all'Ara dei Caduti per la
Rivoluzione e al cippo di Arnaldo Mussolini, in Campidoglio.
Poco prima del
mezzodì, sono a Palazzo Venezia, nella Sala Regia, dove, allo
scoccare del mezzogiorno, recitano l'Angelus domini.
Appena terminata
la preghiera, il Duce entra nella sala. Scoppia una grande ovazione:
gli ecclesiastici salutano romanamente. Parla, per essi,
l'Arcivescovo di Udine, Monsignor Nogara, rilevando il carattere
straordinario dell'adunata, dovuto a motivi economici e spirituali
insieme, per cui «il movimento autarchico è favorito
anche dal clero». Segue il parroco Don Menassi, iniziatore del
convegno; tra l'altro, egli legge l'ordine del giorno votato per
acclamazione, che chiude affermando: «il clero è con
indefettibile devozione a disposizione del Duce Fondatore
dell'Impero, per la grandezza e la prosperità del popolo
italiano». Termina ordinando il «Saluto al Duce!»
Gli ecclesiastici, unanimi, rispondono: «A noi!». Allora
parla Mussolini.
Il Duce, dopo avere espresso ai
Vescovi, ai parroci e sacerdoti convenuti, la sua soddisfazione di
riceverli in Roma, pone in rilievo come la riunione sia
importantissima e nuova nella storia d'Italia; un evento reso
possibile da un altro evento di immensa portata: la conciliazione fra
l'Italia e la Santa Sede, conciliazione che fu voluta fermissimamente
dal Pontefice, al quale il Duce invita l'assemblea a rivolgere un
pensiero. (L'assemblea scatta in piedi con una lunga ovazione).
Da quell'evento le relazioni fra
Stato e Chiesa venivano poste sul terreno di una cordiale
collaborazione che ha dato e darà sempre più i suoi
frutti.
(segue...)
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