(segue) Agli agricoltori e agli ecclesiastici vincitori dell'VIII Concorso del grano
(9 gennaio 1938)
[Inizio scritto]
Il Duce ricorda l'efficace
collaborazione offerta da tutto il clero durante la lotta impegnata
contro le orde abissine e anche contro le cosiddette civilissime orde
del sanzionismo.
Ricorda con particolare simpatia
l'esempio di patriottismo e di italianità offerto dai Vescovi
che portavano il loro oro alle sedi dei Fasci, mentre i parroci
incuoravano le popolazioni alla resistenza ed alla tenacia.
Quindi il Duce tributa il suo
elogio al clero per la collaborazione svolta con il Regime nella
battaglia per l'autarchia, e in particolar modo nel settore agricolo,
dove il clero ha dato un notevolissimo apporto, battaglia che sarà
condotta sistematicamente sino in fondo.
Sollecita i presenti a contribuire
con la loro opera nella lotta contro l'urbanesimo, allo scopo di
mantenere sempre più alta la proporzione dei rurali nei
confronti delle altre categorie della popolazione, di conservare
solida, sana e credente la massa dei rurali; a collaborare infine
nella lotta per il potenziamento numerico degli Italiani, perché
solo le famiglie numerose danno i grossi battaglioni senza i quali
non si conseguono le vittorie. E l'Italia, Nazione cattolica, ha
ancora più il dovere di essere, per la sua potenza intrinseca
e per la sua forza demografica, un baluardo della civiltà
cristiana.
Il Duce conclude dicendosi
convinto di poter contare su tale collaborazione.
Una manifestazione
di schietto entusiasmo saluta il discorso del Duce. Gli ecclesiastici
gli si stringono attorno, ripetono a gran voce il suo nome.
E ancora, giù
in Piazza Venezia, si raccolgono sotto il suo balcone, lo invocano
ripetutamente, lo costringono ad affacciarsi una e due volte per un
estremo saluto.
(segue...)
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