Lezione ai critici «non aggiornati»
(5 marzo 1938)
La Libreria dello
Stato pubblica, sotto gli auspici del Ministero dell'Africa Italiana,
il volume del Generale Ambrogio Bollati: La campagna italo-etiopica
nella stampa militare estera. Il volume è preceduto dalla
seguente prefazione del Duce, riportata dal Popolo d'Italia il 5
marzo 1938-XVI:
Questo libro del generale Ambrogio
Bollati è interessante per noi, Italiani, come tutto ciò
che si riferisce alla nostra vittoriosa impresa africana. Ma è
anche divertente, il che non guasta, anzi aggiunge pregio al volume
rendendone più scorrevole la lettura. Il generale Ambrogio
Bollati — scrittore militare che ha ormai una vasta e meritata
fama — ha raccolto nel suo libro i giudizi dei «competenti»,
degli «esperti», come si dice da quando Wilson ebbe la
malaugurata idea di occuparsi delle nostre complicatissime faccende,
di coloro, insomma, che dovrebbero saperne più degli altri in
materia di guerra.
È uscito da tempo, a cura
del Ministero della Coltura Popolare, un volumetto dove sono raccolte
tutte le baggianate pubblicate dai giornali stranieri sulla guerra
d'Etiopia: baggianate e canagliate; idiozie e menzogne. Ma si tratta
di giornalisti e non di competenti: di borghesi e non di militari, e
quanto essi dicevano era sempre generico e inconsistente. Il generale
Bollati, invece, ha raccolto le opinioni dei critici militari più
quotati dei giornali stranieri; critici che una volta erano generali
e colonnelli. Ora tutto ciò ch'essi hanno stampato è
stato smentito in una maniera che più clamorosa e stroncante
non si potrebbe pensare. Ci si domanda come questi cosiddetti
«critici» militari abbiano potuto scrivere tante
puerilità; abbandonarsi a tante predizioni ridicole, fare —
con sussiego professionale — tanti calcoli errati. Tutto ciò
ch'essi hanno scritto è roba da macero e ci si domanda se dopo
siffatta prova, avranno ancora il coraggio di mostrarsi in pubblico.
Poiché non si può decentemente negare una certa
intelligenza e una certa preparazione ai suddetti signori, vien fatto
di domandarsi come ciò sia avvenuto. La risposta è
abbastanza semplice e si trova nel mio discorso di Berlino, quando
dissi — molto intenzionalmente — che era un grave fatale
errore giudicare un popolo coi criteri di venticinque o cinquanta
anni fa. I genialissimi critici militari stranieri che si occuparono
in giornali e riviste della nostra guerra africana, erano rimasti al
1896; al governo e al popolo di quell'epoca. Non parlo dei soldati,
perché anche allora si batterono da eroi. Partiti male, tutto
il resto si spiega. Durante quarant'anni, i critici hanno dormito su
certi luoghi comuni, mentre il popolo italiano nel ventennio
1915-1935 è diventato quello che oggi è — uno dei
primi popoli del mondo —. I critici militari si trovano oggi
delicatamente impiccati al gancio di quei luoghi comuni ch'essi
avevano continuato a portare nel loro bagaglio mentale, senza mai per
avventura domandarsi, se ci fosse qualche cosa di nuovo.
(segue...)
|