Ai notabili dell'Impero
(11 maggio 1938)
La mattina dell'11
maggio 1938-XVI cinquanta fra capi e notabili della Libia e
dell'Africa Orientale Italiana rendono omaggio, a Palazzo Venezia, al
Fondatore dell'Impero. Dopo il saluto al Duce, ordinato dal
Sottosegretario di Stato per l'A. I., generale Teruzzi, parlano il
Principe Caramanli, per le popolazioni libiche, Ras Ilailù
Teclaimanot, per le popolazioni amhara, l'ecceghié
Teclaimanot, la sceriffa Alauia El Morgani, discendente del Profeta,
il degiac Hailé Selassié Gugsa, per le popolazioni
tigrine, il degiac Beiche Barachi, il Sultano Olol Dinle, capo degli
Sciaveli, e il Sultano Abba Giobir Gumai, del Gimma, per le
popolazioni Galla.
A ciascun discorso replica, breve
e solenne, il Duce, ed ogni risposta viene, dagli interpreti, subito
tradotta nelle cinque lingue principali.
Particolarmente significative sono
le parole rivolte dal Duce a ras Hailù per le popolazioni
Amara e all'«ecce ghie» per il clero etiopico, al quale
ricorda che Roma ha sempre garantito la libertà dei culti ai
suoi popoli. Pure calorose sono le risposte del Duce, protettore
dell'Islam, ai musulmani.
Al valorosissimo Olol Dinle il
Duce ricorda di aver sempre seguito le operazioni di guerra cui quel
sultano ha partecipato, rilevando che il nome del capo degli Sciaveli
è conosciuto da tutti gli Italiani.
Il Duce rileva che Olol Dinle ha
sempre dimostrato di essere un valoroso e che per questo Egli ha
voluto che venisse a Roma.
Poi il Duce si rivolge a tutti.
Egli dice ai capi e ai notabili che quando essi torneranno alle loro
case ricorderanno tutto quello che hanno veduto nella grande Italia e
le Forze Armate di essa.
Dopo aver espresso la sua simpatia
per i convenuti e le loro popolazioni, il Fondatore dell'Impero li
invita a portare a tutti l'eco delle sue parole, affermando che essi
vedranno che — ancora una volta — i fatti seguiranno alle
parole, come sempre accade nella grande Italia, potente, di Sua
Maestà il Re Imperatore.
(segue...)
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