(segue) Il discorso di Genova. «Chi si ferma č perduto»
(14 maggio 1938)
[Inizio scritto]
La sera, alle 22,
assiste a una grande festa dopolavoristica, in costume.
Il giorno
seguente, 15 maggio, inaugura il nuovo grande Policlinico; quindi fra
un ininterrotto schieramento di popolo plaudente, percorre la riviera
da Genova a Sestri Levante, per oltre 50 chilometri; a Sestri
inaugura la Casa Littoria e dall'arengo è costretto a parlare.
Dice che nel saluto del popolo «sente vibrare una profonda,
grande fede: la fede con la quale è stata fatta grande
l'Italia, la fede con la quale sarà fatta più grande
ancora». Il 16 maggio visita stabilimenti e impianti
industriali e la Casa Littoria di Genova-Prà; quivi ancora,
dall'entusiasmo del popolo, è sollecitato a parlare. E pone
queste tre domande: «Il verbo È credere? È
obbedire? È combattere?». Al triplice «Sì!»
della folla, risponde: «Allora la vittoria sarà sempre
con noi».
La sera, alle
20,55', dopo nuove, ardenti manifestazioni di popolo lascia Genova,
indirizzando ai genovesi questo elogio:
Dopo dodici anni, ho ritrovato
Genova rinnovata e più bella, la popolazione entusiasta e in
pieno fervore di lavori. I progressi realizzati nell'attrezzatura
portuaria e industriale, nonché urbanistica ed assistenziale,
sono imponenti e taluni conferiscono a Genova non solo un primato
nazionale, ma europeo.
Ho ammirato il contegno
disciplinato della popolazione, che ha reso superflui i cordoni e
altre misure del genere. La tenuta delle Camicie Nere e delle
formazioni della G.I.L. è stata esemplare. Riporto la migliore
impressione del mio contatto con industriali e maestranze operaie
degli stabilimenti Ansaldo e San Giorgio, dove vengono preparate le
armi per la potenza della Patria.
(segue...)
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