Ai coloni dell'agro redento
(4 luglio 1938)
Nel pomeriggio del
4 luglio il Duce è tra i coloni dell'Agro redento: dall'alto
di una trebbiatrice, dopo avere trebbiato in varii poderi 35 quintali
di grano, rivolge ai camerati di Aprilia questo discorso.
In questi giorni, sotto questo
sole che va particolarmente a genio a noi uomini della zolla e della
grande estate, sta crollando nella vergogna la più recente e
la più odiosa speculazione del fronte antitaliano e
antifascista, nel quale si intruppano i rifiuti di tutte le Nazioni:
la speculazione sulla fame del popolo italiano in conseguenza del
mancato raccolto del grano.
Ora io, da questa piattaforma,
accingendomi a trebbiare il grano dell'Agro, finalmente, dopo venti
secoli di abbandono e di morte, redento soltanto dalla volontà
(il popolo urla con una sola voce: «di Mussolini!»)
eroica del Fascismo, confermo che il raccolto del grano dell'anno
1938, XVI dell'Era fascista, è superiore per qualità a
quello dell'anno scorso e di poco inferiore per quantità per
quanto l'ultima parola non sia stata ancora pronunciata.
Con le misure che abbiamo adottato
possiamo quindi andare tranquillamente incontro al domani. La terra
italiana, scarsa, ma lavorata con tanta fede, con tanto amore, con
tanta intelligenza dai nostri fascistissimi contadini ha riservato a
loro la più gradita, ma ad un tempo la più meritata
delle sorprese.
Il popolo italiano avrà
quindi il pane necessario alla sua vita. Ma anche se gli fosse
mancato non si sarebbe mai, dico mai, piegato a sollecitare un aiuto
dalle cosiddette grandi demoplutocrazie.
I calcoli sono falliti. Ma questi
nemici dell'Italia, che si sono rivelati per quello che sono sotto la
loro ridicola e abbietta grinta, vanno additati al popolo italiano
perché se ne ricordi in ogni tempo ed in ogni circostanza di
pace e di guerra.
(segue...)
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