(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]

      Dopo molti anni torno tra voi e sin dal primo sguardo ho potuto riconoscere il grande poderoso balzo innanzi compiuto dalla vostra, dalla nostra Trieste.
      Non sono venuto tra voi per rialzare il vostro morale, così come gli stilopennivori d'oltre monte e d'oltre mare hanno scioccamente stampato. Non ne avete bisogno (la folla urla: «Noi Noi»), perché il vostro morale fu sempre altissimo.
      Né sono venuto per sottolineare dinanzi agli Italiani gli interessi e i sentimenti della vostra città, perché gli Italiani da parecchie generazioni hanno il nome di Trieste nel cuore.
      Sono venuto per vedere ciò che avete fatto e per vedere altresì come sia possibile di bruciare rapidamente le tappe per giungere alla meta. Sono venuto per ascoltarvi e per parlarvi.
      Non ci sono svolte particolari nella storia di Trieste che non siano svolte, fasi, cicli della comune storia della Patria.
      Quando nel 1866 il giovane Regno d'Italia, alleato militarmente con la Prussia, fermò i suoi confini all'Judrio, sembrò ai superficiali che il destino di Trieste fosse sigillato. Sedici anni dopo Trieste risponde col gesto di Oberdan, mentre l'irredentismo infiammava tutta la gioventù italiana.
      Nel 1914 la duplice monarchia getta i dadi, tenta la partita suprema: la perde. Quattro lunghi anni di attesa per voi, o Triestini, più lunghi del cinquantennio precedente.
      Viene la Vittoria. Voi siete ricongiunti politicamente all'Italia, dico politicamente, perché spiritualmente lo foste in ogni tempo.
      Liquidata questa posizione storica, il vostro retroterra imperiale era in frantumi; ma Trieste riprende animosamente la marcia con il suo spirito d'iniziativa, con le sue tradizioni marinare, con la sua lunga preparazione. Ciò che ha fatto in questo ventennio, Italiani e stranieri possono constatare e devono ammirare.

(segue...)