(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]
In serata, il
Dopolavoro organizza un grande concerto popolare di mille bandisti e
di tremila coristi. Tutta la popolazione affluisce in piazza
dell'Unità. Dalla Loggia del Palazzo del Governo il Duce
assiste allo spettacolo; e al popolo triestino, che chiede a gran
voce la sua parola, rivolge il seguente saluto:
Ho trascorso tra voi ore che
rimarranno indimenticabili. Prima di prendere congedo voglio dirvi
che non lascerò passare e non passeranno molti anni prima che
io ritorni tra voi.
La mattina del 20
Mussolini lascia Trieste; a Gradisca, riceve il saluto dei
bersaglieri dell'11°, che fu il suo reggimento, durante la
guerra; non molto distante, sul Carso, è la quota 144, oggi
«Poggio Benito Mussolini» dove fu ferito.
Tutto il
reggimento si raccoglie intorno al podio; e il Duce parla. Rivolge ai
bersaglieri parole di cameratesco saluto, afferma che dovranno essere
«sempre fieri delle tradizioni del loro glorioso corpo e del
loro reggimento». Pochi minuti dopo entra in Gorizia: 80.000
persone sono nella piazza e attendono la sua parola.
Il Duce, dopo aver detto che non
si attraversano le zone del Carso, dove l'Esercito italiano scrisse
pagine immortali di sangue e di gloria e non si ritorna a Gorizia
senza una profonda emozione, dichiara che non pronunzierà un
discorso politico dopo quello di Trieste:
Io ho parlato chiaro ed è
quindi inutile insistere per correre dietro a coloro che si fingono
sordi per non sentire.
C'è ora qualche segno di
chiarità sull'orizzonte, ma siccome noi fascisti siamo sempre
stati contrari agli ottimismi prematuri ed intempestivi, così
prima di pronunciarci attendiamo che il velario sia calato su tutti
gli atti del dramma.
(segue...)
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