(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]


      Camerati, considero la giornata odierna 21 settembre dell'anno sedicesimo dell'Era fascista, come una giornata di vittoria nella lotta che abbiamo intrapresa, per raggiungere il massimo possibile dell'autarchia.
      Soltanto pochi mesi or sono, questo territorio aveva l'aspetto di una landa semi-desertica: dopo pochi mesi di lavoro è sorto uno stabilimento, che si può annoverare tra i più grandiosi di Italia e forse del mondo.
      Io addito al vostro plauso ed al plauso di tutti il camerata Marinotti: egli ha eseguito le mie direttive, da fedele e intelligente soldato.
      La creazione di questi stabilimenti va segnalata anche a quella aliquota trascurabile ed inevitabile di scetticoni, i quali per convincersi, hanno sempre bisogno di battere il naso contro il fatto compiuto.
      Ancora una volta sia affermato, nel modo più esplicito e solenne — e tutti gli Italiani mi ascoltino — che il Regime è fondamentalmente impegnato nella battaglia autarchica, che significa l'indipendenza della Patria.
      La scienza ci dà le armi fondamentali per il nostro riscatto: sarebbe follia e suicidio non servirsene.
      Ai dirigenti, ai tecnici ed a tutti voi, camerati operai, che avete lavorato e che troverete qui continuo lavoro, va l'espressione della mia simpatia. Ricordate che la prima cosa, per vincere una battaglia, è quella di fermamente credere: e noi crediamo nella potenza del Littorio e nell'avvenire della Patria.


      Alle 14 del 21 settembre il Duce giunge a Treviso. E col discorso alla popolazione dilla Marca della Vittoria si chiude la prima parte del viaggio nelle Venezie, compiuto in ora così drammatica nella storia europea. Ecco il testo del discorso di Treviso:

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