(segue) Il viaggio nelle Venezie
(18-26 settembre 1938)
[Inizio scritto]


      Camerati!
      Con questa mia troppo breve sosta nella vostra fierissima terra, si compie la prima fase del mio viaggio tra le genti delle Venezie. (La folla grida lungamente: «Ritorna! Ritorna!»).
      Da questa città e da questa terra che ebbe l'orgoglio di vedere nuovamente le armate italiane raggiungere una delle più grandi vittorie che la storia del mondo ricordi, desidero invitare tutti gli Italiani che in questo momento mi ascoltano, a compiere, non soltanto nella ricorrenza del ventennale della Vittoria, un pellegrinaggio dalle rive del Piave ai costoni del Carso.
      Essi vi troveranno in primo luogo i monumenti che noi abbiamo dedicato alla memoria dei nostri Caduti, monumenti che hanno un'architettura gigantesca. Le gloriose madri dei nostri eroi potranno vedere i nomi dei loro caduti, dei loro cari, incisi in un metallo che sfiderà i secoli.
      Poi vedranno ciò che l'Italia ha fatto in un ventennio nelle terre redente. Ferve un vigore di vita in quelle terre: a Trieste a Gorizia; officine, cantieri, stabilimenti, centrali elettriche uniche al mondo; e inoltre vedranno che le popolazioni alloglotte, piccole frange della grande massa slava, venute al di qua dei monti in altri tempi, hanno dimostrato con le loro spontanee manifestazioni di essere pienamente partecipi alla vita della Nazione italiana.
      Nessuno ha spinto sul mio passaggio le popolazioni alloglotte della valle dell'Isonzo. Un battaglione di Camicie Nere, composto totalmente di alloglotti, ha sfilato dinanzi a me a Trieste in Piazza dell'Unità in un modo semplicemente superbo. (Si grida: «Viva il Duce!»).
      Queste popolazioni sentono l'orgoglio di partecipare alla nostra vita nazionale e imperiale, ragione per cui si può osservare a taluni acidi e malevoli polemicai d'oltr'Alpe, che per risolvere taluni problemi occorrono particolari circostanze storiche e occorre, soprattutto, che tali problemi abbiano determinate proporzioni. Se oggi la Cecoslovacchia si trova in un momento che si potrebbe chiamare delicato, gli è perché non era semplicemente — ormai si può dire «era» — Cecoslovacchia, ma Ceco-tedesco-polacco-magiaro-ruteno-romeno-slovacchia.

(segue...)